Il dibattito sulla violenza giovanile a scuola continua a infiammare gli animi, dopo che eventi drammatici hanno colpito il mondo scolastico italiano.
l noto psichiatra e sociologo Paolo Crepet ha lanciato prese di posizione forti e provocatorie, in un’intervista rilasciata a Il Corriere della Sera. Al centro della discussione c’è l’accoltellamento di un compagno di scuola da parte di una ragazzina di soli dodici anni. Scopriamo i punti salienti delle sue dichiarazioni e come queste si rapportano a una problematica sempre più attuale e allarmante.
“Non si dica che è una cosa recente,” queste le parole di apertura di Crepet che definiscono un panorama inquietante. Secondo lui, i cambiamenti sociali e culturali che hanno portato a episodi di violenza tra i giovanissimi non sono emersi all’improvviso, ma sono il frutto di un lento processo di degrado avvenuto nel corso degli anni. Crepet si esprime con chiara frustrazione riguardo la mancanza di limiti e regole che i genitori avrebbero dovuto stabilire. Afferma che, a differenza della tradizione di non far prendere la patente a giovani di tredici anni, i bambini sono diventati sempre più indipendenti e “adultizzati” senza una preparazione adeguata a gestire responsabilità e libertà.
Il sociologo non si ferma qui. A suo avviso, i social media hanno contribuito a rendere la situazione ancora più critica. Parlare di social significa toccare un nervo scoperto, perché Crepet sottolinea come essi siano “moltiplicatori di violenza incredibili.” Propone di vietare l’uso di smartphone ai preadolescenti, una misura considerata necessaria per proteggere i giovani da influenze negative e potenzialmente pericolose. Da qui, la sua alleanza con altri esperti e figure di governo come il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara, confermando che la questione è di rilevanza nazionale.
Uno dei temi centrali nel pensiero di Paolo Crepet è quello della famiglia. Ne sfida l’esistenza, affermando che “la famiglia non c’è più.” Si riferisce a una generazione di genitori che, secondo lui, è cresciuta con l’idea che l’assenza di limiti sia un modo per dare libertà ai propri figli. Questi genitori di oggi, che hanno un’età media di 40-45 anni, sono visti come un fallimento. Per Crepet, è critico che la mancanza di regole non solo ha condotto a un aumento delle violenze, ma ha anche impoverito il sistema educativo. Egli, con toni forti, mette in discussione l’idea della “comfort zone,” etichettandola come una creazione dei quarantenni, abituati a rifuggire le difficoltà e a desiderare una vita semplice.
Questa critica esplicita all’educazione odierna è interessante. Crepet rimarca che la figura dell’insegnante ha purtroppo perso molto della sua autorità. La paura di reprimere un comportamento inadeguato nei bambini è diventata una realtà lamentata da molti docenti, che si sentono intimiditi e messi da parte. Anche le lamentele dei genitori di oggi, quando un maestro decide di punire un comportamento scorretto, sembrano alimentare un clima di sfiducia nei confronti degli educatori. Secondo Crepet, è un circolo vizioso pericoloso e dannoso per le generazioni future.
La questione della violenza giovanile ha trovato risonanza anche nelle parole di Giuseppe Valditara, il ministro dell’Istruzione e del Merito. In un’intervista, ha affrontato il caso della dodicenne colpevole di accoltellamento e ha esposto le intenzioni del governo di introdurre nuove norme per rafforzare l’autorità degli insegnanti. La proposta di vietare i social media per i minori di quindici anni è uno dei fulcri del suo intervento. Valditara sottolinea che la crescente violenza tra i giovani non può essere ignorata e richiede misure decise e tempestive.
Nonostante gli intenti dichiarati, sorgono domande sulle modalità di attuazione di queste decisioni. Riuscirà il governo a far rispettare il divieto di utilizzo dei social? Le famiglie accoglieranno queste misure con entusiasmo o si opporranno? Si tratta di una questione delicata, che richiede un’analisi approfondita della dinamica familiare e sociale attuale.
Con un numero crescente di episodi violenti nelle scuole, è evidente che la società è di fronte a una sfida cruciale: come equilibrare il bisogno di libertà dei ragazzi con la necessità di proteggerli? Senza una risposta chiara, il futuro appare incerto e inquietante.
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