Sempre più persone vendono su Vinted ma ultimamente si rischia di essere multati: ecco come fare per agire correttamente
Fare decluttering oggi giorno è molto più divertente e conveniente rispetto al passato. Ma di cosa stiamo parlando? In poche parole riordinare l’armadio, o meglio eliminare il superfluo. Molto spesso quando facciamo il cambio stagione, tendiamo a conservare oggetti e vestiti solo perché ci siamo affezionati o perché hanno un valore sentimentale. Oppure, nei casi più drastici, tendiamo a buttare via tutto quello che non usiamo più o semplicemente che non ci piace più perché fuori moda.
Questo causa un forte danno all’ambiente. Parliamo infatti di fast-fashion. L’acquisto di tutti quei capi low cost che vanno di moda ma sono di bassa qualità e che quindi, passata la stagione buttiamo via. Questo atteggiamento inquina fortemente l’ambiente, oltre ad indossare tessuti nocivi anche per la pelle. Negli ultimi anni, stanno spopolando le applicazioni che riguardano l’usato. Quindi fotografare i capi che non indossiamo più, caricarli sulla piattaforma e venderli ad altre persone. Questo permette ai nostri capi o oggetti di avere una seconda vita, di avere un atteggiamento sostenibile, e in più di guadagnarci. Ci sono anche delle piattaforme che ti fanno guadagnare vendendo regali che non hai gradito.
Le applicazioni più famose sono Vinted e Wallapop per quanto riguarda abiti e oggetti. Ecco nel dettaglio come funziona. Tuttavia, nell’ultimo periodo si stanno rischiando multe a riguardo. Ma perché? Ma soprattutto, qual è il modo migliore per vendere e acquistare su queste app?
Vendere oggetti usati su piattaforme come Vinted o Wallapop può sembrare un’attività priva di complicazioni fiscali, ma in realtà comporta dei rischi se non si rispettano le normative. Anche se molti credono che vendere prodotti di seconda mano non comprende costi, questo è vero solo in parte. La distinzione tra chi può vendere senza partita IVA e chi invece deve aprirla è sottile, e non rispettare le regole può portare a pesanti sanzioni per evasione fiscale.
Il fulcro della questione è la frequenza di vendita. Se si vende in modo sporadico e senza continuità, lo si può fare senza aprire una partita IVA e senza pagare tasse. Tuttavia, se l’attività diventa regolare e organizzata, è necessario pagare le tasse, indipendentemente dal guadagno. Questo significa che anche se si guadagnano meno di 5.000 euro l’anno, ma la vendita è costante e professionale, si deve aprire una partita IVA, emettere ricevute o fatture e pagare le tasse dovute.
Un errore comune è pensare che aprire o meno una partita Iva, vada solo in base alla frequenza delle vendite o il ricavo ottenuto. In realtà, è l‘organizzazione dell’attività che contano. Anche poche vendite possono richiedere l’apertura della partita IVA se queste sono parte di un’attività pubblicizzata e continuativa. Per esempio, anche semplicemente promuovere i propri prodotti su social media può essere considerato un segnale di attività professionale.
Possiamo quindi dire che, chi vende in maniera occasionale può evitare la partita IVA. D’altro canto, chi vende con regolarità e in modo organizzato deve rispettare tutte le normative fiscali, indipendentemente dall’importo guadagnato. Questo è importante per evitare problemi legali e sanzioni future.
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