Il Congresso scongiura la paralisi dell’amministrazione federale rifinanziando fino a gennaio 2024 le casse del governo
Dopo la Camera, anche il Senato degli Stati Uniti ha approvato, nella notte, l’estensione provvisoria del Bilancio federale, scongiurando lo shutdown, la paralisi dell’amministrazione americana. Uno scenario solo rinviato. Il provvedimento infatti rifinanzia le casse del governo solo fino al 19 gennaio 2024. Per una volta repubblicani e democratici hanno sotterrato lascia di guerra e trovato l’intesa sulla presentata dal nuovo speaker della Camera, il trumpiano Mike Johnson.
Lo stallo è figlio del braccio di ferro tra la Casa Bianca, che vuole a tutti i costi che la legge di bilancio includa i 24 miliardi di dollari di aiuti militari e umanitari all’Ucraina e una componente di falchi repubblicani alla Camera che si oppone. Come già accaduto in occasione della prima proroga, lo scorso ottobre, la legge non include i fondi chiesti dal presidente Usa Joe Biden per Kiev. Un mese fa l’approvazione del bilancio provvisorio ha condotto al siluramento dello speaker repubblicano della Camera Kevin McCarthy, caduto sotto il fuoco amico dell’ala dura del partito.
Il piano ora dà ai legislatori più tempo per tentare di negoziare e approvare un bilancio che finanzi le spese per l’intero anno. “Lo speaker adesso ha dieci giorni per lavorarci e fare in modo che i repubblicani si battano quando torneranno”, ha detto Chip Roy, un falco del Congresso, alludendo alla partenza dei rappresentati del Parlamento in vista della festa del Ringraziamento.
È l’incubo di qualunque amministrazione americana. Lo shutdown (letteralmente “chiusura”) indica l’arresto parziale delle attività del governo federale. Nella pratica equivale alla paralisi dell’amministrazione. Accade quando il Congresso non approva entro l’inizio dell’anno fiscale (il primo ottobre) le leggi di spesa che concorrono al bilancio federale. Di solito lo stop viene scongiurato varando il corrispettivo made in Usa dell’esercizio provvisorio italiano, il cosiddetto “continuing resolution“, che permette di finanziare le agenzie federali fino all’approvazione del bilancio.
Lo shutdown deriva dal sistema di pesi e contrappesi previsto dalla Costituzione americana. Il bilancio infatti è lo strumento più potente nelle mani del Congresso nella logica dei rapporti di forza tra la Casa Bianca e i due rami del Parlamento. Spetta a Camera e Senato approvare o meno i piani di spesa relativi all’amministrazione dello Stato. In caso di bocciatura scatta appunto lo shutdown e il presidente degli Stati Uniti deve arrestare tutte le attività amministrative non ritenute essenziali, fino all’approvazione delle leggi di spesa.
Alla base dello shutdown c’è la previsione della Costituzione americana secondo cui le spese pubbliche devono essere coperte da stanziamenti previsti dalla legge. La procedura è disciplinata dall’Antideficiency Act, la legge del 1870 – emendata soltanto nel 1950 e poi ritoccata nel 1982 – che impone alle agenzie federali di interrompere, con alcune eccezioni, le proprie attività in assenza di una legge di autorizzazione approvata dal Congresso.
I cittadini statunitensi si svegliano con una pubblica amministrazione ridotta all’osso, con centinaia di migliaia di dipendenti federali “non essenziali” vengono mandati a casa senza stipendio. Quelli che continuano a lavorare invece ricevono lo stipendio solo una volta concluso il blocco.
La macchina statale procede per ordinaria amministrazione mentre servizi come la manutenzione delle strade e dei parchi pubblici, la giustizia civile, i musei e i monumenti vengono chiudono i battenti. Tra i settori ritenuti essenziali e dunque esclusi dallo shutdown rientrano la riscossione dei tributi, l’assistenza medica, le forze di polizia, la difesa, i vigili del fuoco, il controllo del traffico aereo, i servizi postali e meteorologici.
Da quando il Congresso ha introdotto il nuovo processo di bilancio nel 1976, ci sono stati venti episodi simili. Durante i 16 giorni di stop parziale nel 2013, secondo l’Office of Management and Budget, circa 850mila dei 2,1 milioni di dipendenti federali sono rimasti a casa. Mentre è durato cinque settimane, tra il dicembre 2018 e il gennaio del 2019, l’ultimo shutdown, con 800mila dipendenti bloccati e un costo per l’economia Usa di 11 miliardi, secondo le stime del Congresso, 3 miliardi in modo permanente.
Dieci anni fa erano stati i repubblicani a causare il blocco. Pur di affondare la riforma sanitaria Obamacare del presidente democratico Barack Obama si erano rifiutati persino di accettare l’approvazione di un bilancio provvisorio. Nel 2018 invece erano stati i dem a tenere sotto scacco l’allora inquilino della Casa Bianca Donald Trump, vincolando l’approvazione della legge a un accordo sui cosiddetti dreamer, gli immigrati irregolari arrivati negli Stati Uniti da bambini.
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