Brutte notizie per gli abitanti di questi Comuni italiani: è previsto per l’anno in corso un aumento della Tari. Vediamo i motivi dei rincari e le zone in cui verranno applicati.
Anche il 2024 vedrà un aumento dei costi della Tari in diversi centri italiani. Stando ai dati degli ultimi cinque anni, l’imposta sull’immondizia ha già subito un rincaro di circa il 7%, soprattutto dove si è notato un calo dell’efficienza del servizio nonché un mancato completamento del ciclo integrato dei rifiuti.
Tra le cause che portano il valore dell’imposta a salire ulteriormente ci sono senza dubbio l’inflazione, le guerre in corso e i prezzi dell’energia. Secondo Cittadinanzattiva, solo nel 2023 il costo della tassa è arrivato in media a 320 euro a famiglia, una crescita del 2% rispetto al 2022. Per quanto riguarda il 2024, si prevedono addirittura picchi del +13,7%. I Comuni hanno tempo fino al 30 giugno 2024 per deliberare sulla Tari, grazie alla proroga concessa tramite l’emendamento al decreto Superbonus. Impossibile negare che il tema della gestione dei rifiuti e della Tari connessa risulta essere ancora un punto debole, persistente nonostante gli investimenti del Pnrr. La Tari è necessaria per pagare un servizio che, a causa dell’inflazione, diventa sempre più costoso laddove è meno efficace ed efficiente.
Nel tentativo di dare una svolta a questa situazione, si punta anche sulla Tarip, la quale risulta tuttavia ancora poco diffusa, soprattutto nel Sud Italia. Parliamo della Tari puntuale (Tarip), composta da una quota fissa con l’aggiunta di un supplemento calcolato in base alla superficie dell’immobile e di una quota variabile che premia chi si comporta correttamente nel differenziare i materiali riciclabili e riduce al minimo quelli non riciclabili. Al momento, nel Lazio uno degli ultimi Comuni ad aver adottato la Tarip è stato Genzano, il quale adesso ha l’obiettivo di innalzare la percentuale di differenziata al 90%.
Tari, aumento previsto per questi Comuni nel 2024
Al momento, registriamo un aumento a Roma del +3%, a Firenze del +3,2% per cittadini ed imprese, a Padova del +3,3% in media, ad Ancora e Perugia del +7%. A Palermo il Comune ha appena approvato un’imposta più alta del +6% in media, a Verona del +5,6%, a Napoli del +13% per le utenze domestiche e del +20% per i negozi, nonostante la città campana ancora non si sia ripresa dal forte rincaro subito nel 2023.
Milano, al contrario, risulta essere una delle poche città che si muove controtendenza e registra una diminuzione del costo dell’imposta che procede anno dopo anno. La motivazione che giustifica questi rincari è da attribuire alla richiesta dell’Arera di prevedere un aumento dei costi delle bollette con l’obiettivo di accelerare il recupero dell’inflazione. Per la città di Roma, Gualtieri ha espresso la sua soddisfazione riguardo il rincaro: per i cittadini, l’imposta avrebbe dovuto contare un +14% rispetto allo scorso anno, per riuscire a finanziare gli attuali costi del servizio di ritiro dei rifiuti. Al contrario, il Comune ha potuto recuperare i fondi della lotta all’evasione ed ha evitato un rincaro simile, abbassandolo dell’80%. Promette di azzerarlo del tutto il prossimo anno.
A Verona, invece, il rincaro avrebbe dovuto raggiungere il +7%. Tuttavia, il Comune ha deciso di attingere alle entrate provenienti dalle imposte di soggiorno. Questo significa che i turisti che hanno soggiornato nel territorio comunale hanno pagato la Tari dei residenti. A Genova si punta a congelare l’incremento del 6,8% annunciato dall’azienda che si occupa della gestione dei rifiuti urbani, l’Amiu. Il capoluogo ligure resta una delle città con la Tari più alta d’Italia, con una spesa media che oltrepassa i 490 euro annui a famiglia. Non mancano rincari anche nei Comuni più piccoli: ad esempio, Courmayeur pagherà il 6,8% in più. Vedi anche cosa succede se la Tari viene pagata in ritardo: a quanto ammontano le sanzioni.