I social in Italia e in Europa hanno pochi moderatori
Il moderatore ricopre un ruolo fondamentale nei social network. È la persona incaricata di assicurarsi che tutti i contenuti sulla piattaforma rispettino le regole imposte dai termini di servizio. Si tratta del contratto di utilizzo che ogni persona approva al momento dell’iscrizione. In Italia e in Europa però, secondo le ultime rilevazioni, ci sono troppo pochi moderatori. È un problema legato anche alle difficoltà del lavoro. Si tratta di una mansione molto stressante. In passato diverse persone hanno denunciato problemi psicologici a causa dei contenuti letti o visionati.
La situazione dei moderatori di social network in Italia e in Europa
Non ci sono abbastanza moderatori. Le persone che controllano il contenuti sui social, eliminando quelli che vanno contro ai termini di servizio, sono troppo poche per gestire la mole di contenuti che ogni giorno pubblichiamo e leggiamo. Instagram, X, Facebook, TikTok, tutti hanno un team di moderazione che però, spesso, è troppo esiguo.
Ogni social ha i suoi problemi di moderazione, ma di recente nessuno ha subito cambiamenti radicali come X. Quello che un tempo si chiamava Twitter è passato dall’essere una delle piattaforme più presidiate e sicure ad un calo verticale della moderazione. È la nuova linea di Elon Musk, proprietario, anche se non più CEO, del sito. Una politica di principio che gli è costata la metà del valore di X, ad oggi quotato attorno ai 20 miliardi di dollari contro i 42 a cui lo aveva acquistato.
In Europa a lavorare alla moderazione di X ci sono 2510 persone. Parlano tutte lingue dell’Unione ma il 91% di loro è dedita ai contenuti in lingua inglese. Il secondo idioma più parlato tra gli impiegati in questo ruolo dal fu Twitter è il tedesco, con appena 81 persone. 52 sanno il francese, 20 lo spagnolo. E l’italiano? Due. Due persone moderano 9,1 milioni di utenti, tante quante quelle che parlano ebraico o bulgaro. Va peggio a polacchi, croati e lituani, controllati da un solo impiegato. Lasciati a loro stessi invece quelli che scrivono in greco o il romeno, in tutto 2 milioni di utenti senza una moderazione.
L’attività che prima si concentrava soprattutto sulla rimozione di contenuti violenti, dopo il passaggio alla gestione di Elon Musk punta ad eliminare dalla piattaforma i numerosissimi bot. I contenuti sensibili o che riportano fatti inventati sono lasciati alla community, con le cosiddette community note, appunti sotto ai post nei quali gli utenti stessi possono specificare che quanto scritto non corrisponde a verità e aggiungere link di fonti attendibili.
Una moderazione fai da te che rimane peculiarità di X. Instagram e Facebook invece puntano ancora sulle persone. I social di Meta in Europa sono controllati da un team piuttosto numeroso, oltre 15 mila persone. Si tratta di più di un quarto del totale degli impiegati del gruppo in Unione Europea, e in questo caso parlano tutte le 24 lingue ufficiali della confederazione. A questi si aggiungono altri 2000 addetti che devono verificare gli aspetti meramente visive. In particolare in questo caso si occupano di censurare post che riportano immagini di nudo o violente.
La gran parte delle segnalazioni che i social di Meta devono moderare riguardano il cosiddetto hate speach. Si tratta di insulti e discriminazioni soprattutto dirette a minoranze o categorie svantaggiate. Seguono post violenti e immagini proibite. È più complesso invece il lavoro dei circa 6000 moderatori di TikTok. Il social cinese è composto principalmente da video brevi e popolato da giovani e giovanissimi. In un mese i moderatori rimuovono 4 milioni di contenuti, la metà dei quali proprio per proteggere i minori.
Rimane però un problema evidente: i moderatori sono troppo pochi. Si calcola che ad occuparsi dell’Italia per i contenuti dei maggiori social network siano circa 700 persone. Nel nostro Paese ogni persona ha in media circa due account, per un totale di 110 milioni di utenti. Anche se l’aiuto dell’intelligenza artificiale sta creando un ambiente lavorativo più agile per i moderatori, i numeri sono palesemente ancora insufficienti per coprire l’intera platea.
Il duro lavoro del moderatore: le conseguenze denunciate dagli ex dipendenti
C’è una ragione per cui è difficile per le aziende che gestiscono i social, trovare moderatori. Non solo non si tratta di una carriera particolarmente ricercata, è anche un lavoro dalla pessima fama. Può sembrare ad un’analisi poco attenta, un impiego semplice. Leggi i post, controlli che non venga detto nulla di sbagliato e prosegui. In realtà però i contenuti dei post censurati possono causare gravi problemi a chi li modera.
Per prima cosa bisogna tenere conto che i moderatori non vedono i social come gli utenti. Il loro lavoro è indirizzato verso i contenuti più problematici. Per ore al giorno, si ritrovano a guardare immagini violente e leggere gli insulti e le minacce peggiori. Questo comporta condizioni di stress che per molti risultano intollerabili. Le conseguenze sulla salute mentale dei moderatori si fanno sentire anche dopo pochi mesi di impiego. Attacchi di panico e incubi diventano molto comuni ed è raro che un’esperienza in una delle aziende a cui i grandi social spesso appaltano queste mansioni duri più di un anno.
Per i lavoratori, quanto visto durante i turni sfocia spesso nella vita privata. Leggere lunghi post e guardare decine di video di teorie del complotto porta a perdere il contatto con la realtà. Le immagini violente riappaiono nei sogni. Spesso sono gli stessi colloqui di lavoro ad essere traumatizzanti. Alcune persone hanno dichiarato di aver dovuto abbandonare le riunioni con i reclutati di queste aziende per sfogarsi. Era stato mostrato loro uno dei video che avrebbero dovuto eliminare dalla piattaforma durante il lavoro: quello di un loro coetaneo ucciso a coltellate.
I moderatori sono pochi per reggere il flusso di contenuti che ogni giorno arriva sui social. Ma la ragione per i numeri esigui di questi professionisti è anche la pesantezza dell’impiego. I contenuti sensibili possono causare danni psicologici permanenti e influenzare la vita privata di chi è impiegato in queste aziende.