Inchiesta svela abusi e manodopera clandestina nella produzione di borse e accessori
Il Tribunale di Milano ha disposto l’amministrazione giudiziaria per l’azienda di alta moda Alviero Martini spa, nota per le sue borse ed accessori, in seguito a un’inchiesta condotta dai carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro e dal procuratore Paolo Storari. L’accusa principale riguarda l’incapacità dell’azienda nel prevenire e arginare il fenomeno dello sfruttamento lavorativo all’interno del proprio ciclo produttivo.
Secondo quanto emerso dalle indagini, Alviero Martini avrebbe cercato di massimizzare i profitti ricorrendo a “opifici cinesi” e sfruttando manodopera in nero e clandestina. La Sezione misure di Prevenzione del Tribunale di Milano, presieduta da Fabio Roia, ha disposto il commissariamento dell’azienda, accusandola di non aver mai effettuato ispezioni o audit sulla filiera produttiva per garantire condizioni lavorative adeguate.
In particolare, le indagini della Procura di Milano hanno rivelato una connessione tra il mondo del lusso e laboratori cinesi, con l’obiettivo di abbattere i costi e massimizzare i profitti eludendo norme penali giuslavoristiche. In particolare, l’azienda avrebbe esternalizzato completamente i processi produttivi, affidando l’intera produzione a società terze, spesso gestite da opifici cinesi.
Gli accertamenti dei carabinieri, condotti a partire da settembre 2023, hanno portato alla scoperta di otto opifici irregolari nelle province di Milano, Monza e Brianza e Pavia, con 197 lavoratori identificati, di cui 37 impiegati in nero e clandestini. Negli stabilimenti di “produzione effettiva e non autorizzata” è stato riscontrato che le condizioni di lavoro erano caratterizzate da sfruttamento, con pagamenti sotto la soglia di povertà, orari non conformi, ambienti insalubri e gravi violazioni della sicurezza sui luoghi di lavoro (omessa sorveglianza sanitaria, omessa formazione e informazione) nonché ospitando la manodopera in dormitori realizzati abusivamente ed in condizioni igienico sanitarie sotto minimo etico”.
Una testimonianza significativa proviene da un lavoratore cinese che ha dichiarato di essere pagato 1,25 euro a tomaia (la parte superiore di una scarpa, ndr) e di dormire sopra l’opificio in locali adibiti a dormitorio. “Durante la settimana dormo sopra la ditta al piano primo. In una giornata lavorativa produco circa 20 paia di scarpe (…) percepisco un bonifico mensile di circa 600 euro che ci paga il titolare che produce tomaie relative all’azienda Alviero Martini“.
Altri lavoratori hanno raccontato di percepire paghe al di sotto della soglia di povertà, vivendo in condizioni igienico-sanitarie precarie. Sottoposta oggi ad amministrazione giudiziaria dai giudici Roia-Rispoli-Cucciniello, nelle indagini per sfruttamento del lavoro del pm di Milano Paolo Storari, l’azienda di alta moda – stando agli atti – pagava i lavoratori poco più di 6 euro all’ora. Gli stessi stavano in luoghi con “micro camere, completamente abusive”, con “chiazze di muffa” e con “impianti elettrici di fortuna”. Un altro operaio ha messo a verbale: “Percepisco 50 centesimi ogni fibbia rifinita (…) non sono mai stato visitato dal medico dell’azienda“.
C’è stato anche un infortunio, con la morte di un operaio in nero, un 26enne originario del Bangladesh, schiacciato dalla caduta di un macchinario. La tragedia risale allo scorso 24 maggio ed è avvenuta nei capannoni della ditta di Trezzano Sul Naviglio, nel Milanese. Tuttavia, per mascherare il suo status di lavoratore in nero, la società avrebbe regolarizzato il giorno successivo l’assunzione “inviando il modello telematico al Centro per l’impiego e agli enti contributivi e assicurativi Inps ed Inail” emerge dal provvedimento della sezione Misure di Prevenzione del Tribunale.
La Alviero Martini spa ha risposto alle accuse affermando che “tutti i rapporti di fornitura sono disciplinati da un preciso codice etico a tutela del lavoro e dei lavoratori al cui rispetto ogni fornitore è vincolato”. La società precisa anche di “essersi messa tempestivamente a disposizione delle autorità, non essendo peraltro indagati né la società né i propri rappresentati, al fine di garantire e implementare da parte di tutti i suoi fornitori, il rispetto delle norme in materia di tutela del lavoro”.
La Alviero Martini spa ha inoltre dichiarato di intervenire contro attività illecite introdotte a insaputa dell’azienda nella filiera produttiva, “al fine di tutelare i lavoratori in primis e l’azienda stessa” conclude la nota. Tuttavia, l’inchiesta continua a sollevare gravi preoccupazioni sulle pratiche etiche e lavorative dell’industria della moda, portando alla luce un lato oscuro del lusso a costo umano.
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