Cosa succede ai soldi di chi muore prima di andare in pensione? Se ti stai ponendo questa domanda avrai delle curiosità o hai bisogno di saperlo per necessità: ebbene, chiariamo la questione.
Per poter percepire il trattamento pensionistico, è indispensabile soddisfare requisiti anagrafici e contributivi. Per esempio, la pensione di vecchiaia viene erogata a 67 anni d’età con 20 anni di contributi; per quella anticipata invece bastano 42 anni d’età e 10 mesi di contributi. Tuttavia, è innegabile che possano capitare eventi drammatici che conducano alla morte precoce del lavoratore. In questo caso, cosa succede ai contributi già versati?
Per quanto possa trattarsi di un evento più raro, può accadere che si muoia prima di andare in pensione. In questo caso, entrano in gioco diverse possibilità: quella della pensione indiretta e quella dell’indennità. Capiamo cosa significa.
Senza il raggiungimento dei requisiti minimi, di norma i contributi versati nel corso della vita vanno persi e non erogati sotto forma di trattamento pensionistico. In caso di morte precoce, tuttavia, può comunque esserci una liquidazione dell’assegno in favore dei familiari del defunto. Non si parla di reversibilità, ossia quel denaro versato in favore dei parenti più stretti quando chi muore già percepisce la pensione. Si parla di pensione indiretta, vale a dire un importo economico versato se il defunto ha maturato almeno 15 anni di contributi, oppure 5 anni di cui 3 nei cinque anni precedenti la morte. Nonostante si presentino in due occasioni e con appellativi diversi, per la famiglia del malcapitato non c’è differenza tra pensione di reversibilità e pensione indiretta. Inoltre, spettano entrambe a coniugi, figli minori, disabili o studenti, genitori over 65 a carico e non titolari di altre pensioni, fratelli e sorelle se non sposati, inabili al lavoro e non titolari di altre pensioni. Scopri anche a quali donne non spetta la pensione di reversibilità del marito defunto.
Al contrario, se il lavoratore non soddisfa nemmeno i requisiti minimi affinché alla famiglia venga riconosciuta la pensione indiretta, si parla di indennità una tantum. Spetta al coniuge, ai fili minori, disabili o studenti e, se il defunto ha versato almeno un contributo settimanale entro il 31 dicembre 1995, l’importo è pari a 45 volte i contributi versati (per un limite minimo di 22,31€ e un limite massimo di 66,93€). Se ha versato contributi esclusivamente dal 1996, l’importo invece sarà equivalente a quello dell’Assegno sociale in corso (nel 2024 535,41€) moltiplicato per il numero di anni di contributi.
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