Prima reintrodotto con un decreto ministeriali, poi ieri il passo indietro del Governo: il Redditometro non si farà. Ma come funziona?
Con decreto Ministeriale datato 7 maggio e successiva pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, il Governo aveva ufficialmente reintrodotto lo strumento del Redditometro che era stato sospeso nel 2018.
Il Redditometro è lo strumento semplificato di accertamento fiscale utilizzato dall’Agenzia delle Entrate per stimare il reddito presunto delle persone fisiche ai fini dell’Irpef. Quello che si fa nei fatti è confrontare le entrate dichiarate con le uscite ovvero confrontare il reddito che il cittadino fornisce al Fisco con le spese che effettua, se queste ultime superano del 20% il reddito dichiarato allora scatta la presunzione di irregolarità.
Tutto si basa sull’idea che i cittadini non possano spendere più di quanto guadagnano, a meno che non ricorrano al credito, quindi laddove si verifica un’anomalia c’è probabilmente disponibilità di redditi non dichiarati. A questo punto cerchiamo di capire come funziona realmente il Redditometro, quali sono gli indici presi in considerazione e se ci sono delle novità rispetto allo strumento messo in stand by nel 2018.
Il Redditometro si basa su una serie di indici di capacità contributiva, cioè beni e servizi di cui il contribuente dispone, e incrocia questi con quelli in possesso del Fisco come reddito dichiarato negli anni precedenti, estratti conti, dati catastali di immobile posseduti e così via.
Una evidente differenza tra il reddito dichiarato e il tenore di vita fa scattare i controlli. Cosa succede nello specifico? L’Agenzia delle Entrate invia al contribuente una richiesta di documentazione relativa agli indizi di capacità contributiva e, in base ai dati ricevuti, provvede alla realizzazione di un reddito stimato del contribuente. Se questo supera del 20% quello dichiarato allora si passa all’accertamento fiscale e, quindi, ad una verifica più approfondita della situazione reddituale e patrimoniale.
Qualora l’accertamento dovesse confermare una plusvalenza, il contribuente rischia di dover pagare sanzioni amministrative e imposte aggiuntive.
Quest’anno il Redditometro era stato reintrodotto in una versione aggiornata; ben 56 le spese presunte per nucleo familiare, suddivise in 11 categorie e prese in esame. Si va dalle spese alimentari a quelle affrontate per bollette, mutui o canoni di locazione e poi trasporti -e di conseguenza anche spese per auto e moto-. Un lungo elenco a cui è stato aggiunto anche il tempo libero: dalle valige per i viaggi fino ai pasti fuori casa.
Qualora lo strumento non avesse dati già posseduti dal Fisco avrebbe utilizzato la spesa media calcolata dai dati Istat. Inoltre le spese sostenute dai familiari fiscalmente a carico sono attribuite al contribuente, escludendo quelle connesse all’attività di impresa o professionale.
La normativa, all’art. 4, specifica quali sono i dettagli della prova contraria e cioè gli strumenti a disposizione del contribuente per difendersi dall’accertamento fiscale. Si tratta di dimostrare che:
Infine, la normativa attuale prevede un doppio contradditorio. Un primo nella fase istruttoria per la raccolta delle informazioni, e un secondo con l’avvio della procedura di accertamento con adesione.
Finisce però tutto con un nulla di fatto. Dopo le polemiche dei giorni scorsi per la sua reintroduzione -non solo dalle opposizioni ma anche dagli alleati- e l’aumento delle voci di accertamento, la Presidente Giorgia Meloni ieri in conferenza stampa ha annunciato il ritiro del decreto. Il Redditometro, quindi, non si farà.
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