Guai in vista per l’INPS, l’ente erogatore rischia di dover rimborsare 850 milioni ai richiedenti reddito di cittadinanza.Â
Incredibile come le questioni sollevate dal reddito di cittadinanza siano veramente tante. E nonostante il sussidio dal 2024 non sia più vigore perché sostituito dall’ADI, continua ancora a sollevare molte questioni. Da una parte il caso dei furbetti, ovvero di moltissime persone che avrebbero avuto il sussidio anche se indebitamente, almeno questa è l’accusa che è stata sollevata e che li ha portati dinnanzi ai Tribunali territorialmente competenti.
Tanti casi su cui la giurisprudenza però si è pronunciata ad oggi in maniera unanime cioè riconoscendo per tutte queste persone – si parla di 53.000 casi – l’assoluzione. Difficile stabilire la colpevolezza dei soggetti, in considerazione soprattutto del fatto che tutta la pratica non veniva fatta personalmente ma presso il CAF. Ad oggi – per questo motivo – non si può parlare di furbetti del reddito di cittadinanza. Ma se il furbetto invece fosse stato l’INPS? Non è una provocazione, ma quanto sta emergendo in questi giorni. L’INPS potrebbe essere costretto molto probabilmente a dover rimborsare cifre esorbitanti.
Reddito di cittadinanza, INPS condannato a rimborsare?
L’allarme proviene proprio dal fatto che i furbetti del reddito sono stati ritenuti innocenti. E l’INPS dovrebbe sborsare 850 milioni di euro alle famiglie a cui ha respinto la domanda. La questione riguarda il caso se la Corte Costituzionale bocci o meno il requisito di 10 anni di residenza in Italia, di cui gli ultimi due continuativi. La mancanza di questo requisito ha fatto sì, che molti stranieri venissero accusati di vivere in Italia da meno di dieci anni e pertanto percepivano indebitamente il sussidio.
Quindi i tribunali da Catania a Vercelli non hanno avuto dubbi nello stabilire che le dichiarazioni compilate nel range temporali tra il 2019 e il 2023 non costituiscono reato, almeno per quanto concerne il requisito della residenza decennale. Il problema è più complesso di quanto si possa pensare perché all’interno di questi 53.000 casi ci sono tantissime questioni differenti.
L’assenza della malafede
Ha destato altresì molto scalpore il caso di una persona nigeriana di 33 anni che ha presentato il permesso di soggiorno e tutti i suoi dati sulla domanda per ottenere il RdC. Quindi viene il dubbio che lo scopo dello straniero fosse quello di ingannare lo Stato. Persona che peraltro appena ha saputo di non avere il requisito per il godimento, si è recato al CAF per annullare la domandina. Ed ha restituito all’INPS le somme. I legali di tutta la penisola si ritrovano a difendere i loro assistiti con l’accusa di aver percepito indebitamente il RdC. Tranquilli sul fatto che ad oggi una persona non è stata condannata.