Le aste giudiziarie in ambito immobiliare possono risultare un’eccellente opportunità di investimento: scopriamo perché.
Una delle principali caratteristiche delle aste giudiziarie che vengono effettuate in ambito immobiliare è di proporre beni immobili partendo da prezzi di acquisto particolarmente vantaggiosi. In alcuni casi, le unità messe all’asta possono trovarsi in condizioni fatiscenti e degredate, pur tuttavia essendo ristrutturabili e dunque in grado di divenire ottimi investimenti; in altri, sono immobili di recente edificazione perse dai proprietari originari perché, ad esempio, non sono riusciti ad estinguere i debiti ipotecari pendenti su di essi.
Dunque, tanto nelle circostanze in cui gli acquirenti intendano aggiudicarseli per poi riproporli sul mercato immobiliare come forma di investimento, quanto nelle circostanze in cui intendano mantenerne il possesso per trasferirvi la propria residenza, risultano opportunità di acquisto particolarmente vantaggiose rispetto a quelle che potremmo definire canoniche del settore.
Ma a cosa deve essere imputata tanta convenienza? E perché il valore effettivo dell’immobile si abbassa in maniera così rilevante nelle aste giudiziarie? Ebbene, la risposta ci viene fornita dal Codice italiano di Procedura Civile, che disciplina le modalità di realizzazione delle aste giudiziarie nonché di aggiudicazione dei beni proposti: proviamo a fare un po’ di chiarezza.
Partiamo dal definire gli attori principali di un’asta: sono tre, ovvero il debitore, il creditore e l’acquirenti. A questi si aggiunge il giudice, che potremmo paragonare ad una sorta di arbitro, di controllore e revisore dell’intero processo. Concentriamoci però sui tre attori principali e domandiamoci: chi trae maggiore vantaggio dalle aste? Ebbene, solitamente un attore soltanto: ovvero l’acquirente.
Per capirlo partiamo da un dato: se nel mercato tradizionale il prezzo medio al metro quadrato di un immobile è di quasi 2.000 Euro (1.970 per la precisione), nelle aste è invece di circa un terzo, ovvero 700 Euro. I creditori, quindi, ovvero ad esempio le banche che cercano di recuperare il prestito elargito e non saldato, solitamente ottengono meno del dovuto; ed i debitori, oltre a perdere la proprietà dell’immobile, solitamente mantengono un debito residuo non coperto dalla vendita.
Dunque è quasi sempre solo il nuovo acquirente a beneficiarne. Anche perché le aste spesso arrivano a ribassare il prezzo di base – stimato inizialmente dalla perizia sull’immobile fatta eseguire dal tribunale competente – fino a tre volte: ciò capita quando i tentativi di vendita non vanno subito a buon fine e, in questi casi, le norme prevedono una prima riduzione del prezzo base fino ad un quarto del valore di base che, in caso di ulteriori tentativi di vendita falliti, aumentano per accumulo, fino ad applicare un deprezzamento massimo pari alla metà dell’ultimo valore attribuito all’immobile dopo il quarto tentativo andato deserto. Il che, dipendendo proprio dalle proposte dei potenziali nuovi acquirenti, è diventato il modus operandi più frequente e comune: ed ecco il perché di una svalutazione così significativa.
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