Quando una donna divorziata può contrarre nuovamente matrimonio? Scopriamo cosa dice la legge sul punto.
Il matrimonio è il contratto che regola i rapporti tra due persone che vogliono unire le loro vite dando inizio ad un progetto di vita comune. Non basta per poterlo celebrare la volontà dei due nubendi ma occorre altresì che siano rispettati alcuni requisiti previsti dalla Legge. Affinché si possa contrarre un matrimonio valido devono esserci alcuni fattori che tendenzialmente si conoscono tutti, o quasi. La maggiore età, la sanità mentale e la libertà di Stato sono quelli principali. Va da sé che sono altresì importanti l’assenza di impedimenti che derivano dai vincoli di parentela, lutto vedovile ed omissione delle pubblicazioni.
Occorre sviscerare ulteriormente l’argomento perché possono sorgere questioni particolarmente complesse derivanti dalla ignorantia legis. Bisogna avere almeno 18 anni per contrarre matrimonio, lo scopo è quello di evitare che questo sia frutto di un’influenza da parte dei genitori si pensi all’ormai arcaico matrimonio riparatore. Così come il soggetto che celebra il matrimonio deve avere la capacità ovvero la facoltà di intendere e di volere, l’interdetto per infermità mentale non può sposarsi perché non riesce a comprendere il contratto che sta ponendo in essere.
Per celebrare il matrimonio – come accennato sopra – occorre che la coppia presenti la libertà di Stato. Cosa significa? Che la persona non sia già sposata; la legge italiana si basa sul principio della monogamia e non consente di poter avere più di un matrimonio, pena il reato di bigamia. Lo stato libero poi può essere acquisito successivamente e questo può avvenire con il divorzio, quindi lo scioglimento del matrimonio la cessazione degli effetti civili, l’annullamento del matrimonio canonico. La morte del coniuge o la dichiarazione di morte presunta.
Quindi quando una donna divorzia può risposarsi ma deve passare questo lasso temporale che la Legge lo prevede in maniera molto specifica. Sono infatti 300 giorni dalla fine del matrimonio precedente, questo vale sia nel caso di divorzio che di annullamento e lutto vedovile.
Questo termine va rispettato per evitare che si possa creare una situazione di incertezza sulla paternità dei figli in quel periodo che sono quindi attribuibili al primo marito. Un divieto che può essere comunque eluso con una dispensa del Tribunale che può autorizzare il matrimonio a condizione che si accerti che la donna non sia incinta e che non abbia coabitato con il primo marito nei 300 giorni precedenti alla cessazione del matrimonio.
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