Multe fino a 5mila per chi fruisce dello streaming illegale. Senza contare i costi impliciti, dalle truffe al furto dell’identità digitale
Periodicamente torna agli oneri delle cronache la Iptv, il sistema che permette di guardare contenuti audiovisivi – dai film alle partite – mediante una connessione a Internet. Una pratica che sfocia nella pirateria se utilizzata per accedere illegalmente ai canali a pagamento – da Sky a Dazn – e attorno alla quale sono fiorite organizzazioni criminali con giri d’affari milionari.
La pirateria attraverso la Iptv
Per capire di cosa si tratta è bene chiarire che la Iptv è cosa ben diversa dalle piattaforme di streaming come Netflix e Prime Video. Queste ultimi utilizzano la tecnologia Over-the-top e richiedono la sottoscrizione di un abbonamento per usufruire del servizio tramite un sito web o un’applicazione. La Iptv invece si basa su playlist con contenuti in formato M3U “letti” tramite una chiavetta collegata al proprio televisore. Una pratica lecita se ci si limita a guardare i canali in chiaro, gratuiti, come quelli di Rai e Mediaset.
Lo streaming illecito avviene attraverso decoder detti “pezzotti”, che permettono di accedere illegalmente ai contenuti a pagamento a prezzi irrisori (anche soli 10 euro al mese). Un sistema complesso dietro al quale spesso prosperano fiorenti reti criminali.
La legge “anti-pezzotto”: carcere e multe salte
Lo scorso agosto la cosiddetta legge “anti-pezzotto” ha introdotto una stretta allo streaming illegale di contenuti audiovisivi. Tra le altre cose vengono inasprite le sanzioni: chi trasmette rischia il carcere fino a tre anni e una multa fino a 15mila euro, mentre per chi ne fruisce la sanzione può arrivare fino a 5 mila euro.
Il provvedimento inoltre ha attribuito maggiori poteri all’Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni per bloccare le piattaforme che diffondono illecitamente eventi in diretta. L’Agcom in particolare può ordinare l’immediato oscuramento – entro 30 minuti – del sito che trasmette illegalmente il contenuto. Altra novità è il supporto che l’Agenzia per la cybersicurezza nazionale fornirà all’Autorità, così da potenziare l’azione di monitoraggio, individuazione e repressione.
I rischi della pirateria per gli utenti
I costi impliciti per gli utenti vanno oltre le sanzioni economiche. Chi si iscrive ai siti illegali, condividendo dati personali o della carta di credito, si espone al rischio di truffe, a furto dell’identità digitale e altri reati informatici.
I contenuti audiovisivi più piratati: film e partite
Secondo un’indagine condotta da Ipsos per conto della Fapav, la Federazione per la tutela delle industrie dei contenuti audiovisivi e multimediali, il fenomeno della pirateria rappresenta ancora una seria minaccia per il settore. Nel 2022 sono stati individuati circa 345 milioni di illeciti, 30 milioni in più rispetto all’anno precedente. L’incremento ha riguardato gli ambiti chiave dell’industria audiovisiva. Per gli eventi sportivi live, la pirateria è in crescita del 26% rispetto al 2021 e del 178% sul 2016. I programmi televisivi registrano un +20% mentre fiction e serie tv segnano un +15%. Anche se leggermente in calo rispetto all’anno precedente (-4%), i film rimangono i contenuti più visti illegalmente, con il 35% degli illeciti (oltre 120 milioni).
L’inchiesta dei pm di Catania
L’ultimo caso smascherato dagli inquirenti risale al dicembre scorso. L’inchiesta contro la pirateria televisiva coordinata dalla Dda della Procura di Catania ha individuato un’organizzazione criminale internazionale capace di generare profitti per milioni di euro ogni mese. Sono 21 le persone indagate tra Catania, Messina, Siracusa, Cosenza, Alessandria, Napoli, Salerno, Reggio Emilia, Pisa, Lucca, Livorno e Bari, a cui i pm contestano, tra le altre cose, i reati di associazione per delinquere a carattere transnazionale e frode informatica. L’operazione ha consentito anche il blocco immediato del flusso illegale delle Iptv e dei siti di live streaming delle piattaforme televisive.
Le indagini, avviate dal Centro operativo per la sicurezza cibernetica di Catania con il coordinamento della polizia postale di Roma, hanno permesso di delineare “l’esistenza di una associazione criminale organizzata in modo gerarchico secondo ruoli distinti e ben precisi e con promotori distribuiti sul territorio nazionale e all’estero, avente come finalità la costante distribuzione, a un elevatissimo numero di utenti, in ambito nazionale e internazionale, di palinsesti live e contenuti on demand protetti da diritti televisivi” attraverso il sistema delle Iptv illegali.
Per eludere i controlli, secondo la Procura, la rete criminale avrebbe “fatto uso di applicazioni di messaggistica crittografata, identità fittizie e documenti falsi“, utilizzati anche per “l’intestazione di utenze telefoniche, di carte di credito, di abbonamenti televisivi e noleggio di server”. Gli investigatori hanno portato a galla anche canali, gruppi e profili che sui social media che promuovevano la vendita di flussi, pannelli e abbonamenti mensili per lo streaming illegale.