I debitori rischiano il pignoramento dello stipendio, ma hanno a disposizione dei metodi per difendere la busta paga. Ecco quali sono.
Se non si paga un debito, si può ricevere un atto di pignoramento, con il quale i beni del debitore sono sottoposti a vincolo al fine di soddisfare la pretesa creditoria.
Anche lo stipendio può essere sottoposto a pignoramento. Si tratta, certamente, di un problema abbastanza grave per le famiglie che già versano in una condizione economica precaria perché sono costrette a fare i conti anche con l’accredito di una paga ridotta.
Per evitare che non si abbiano le risorse necessarie alla sopravvivenza, la legge impone dei limiti al pignoramento dello stipendio e mette a disposizione del lavoratore una serie di strumenti per contrastare l’esecuzione forzata da parte del creditore.
Il legislatore consente al debitore di contestare il pignoramento tramite l’opposizione all’esecuzione e l’opposizione agli atti esecutivi.
Con la prima, viene contestato il diritto del creditore all’esecuzione forzata, ad esempio, se si ritiene che il titolo fatto valere dal creditore non esiste. Con l’opposizione agli atti esecutivi, invece, si può contestare esclusivamente la regolarità formale del titolo e del precetto (ad esempio, se non c’è stata la preventiva notifica del titolo esecutivo).
L’opposizione all’esecuzione può essere utilizzata anche per la contestazione del pignoramento compiuto su beni o somme non pignorabili o pignorabili solo in parte. È l’esempio proprio dello stipendio di un lavoratore che, in base all’attuale normativa, può essere pignorato solo a determinate condizioni e nel rispetto di specifici limiti.
Nel dettaglio, l’art. 545 del codice di procedura civile prevede che lo stipendio va pignorato nella misura massima di un quinto, calcolata sul netto della busta paga. Se tale regola non viene rispettata, il debitore può presentare opposizione.
Pignoramento stipendio: come evitarlo?
Ci sono dei metodi alternativi all’opposizione per evitare il pignoramento dello stipendio?
Una soluzione potrebbe essere quella di prelevare denaro dal conto corrente sul quale viene accreditata la retribuzione. Si tratta di un metodo utile, però solo se il pignoramento è disposto dopo l’accredito della busta paga, perché, a prescindere, il denaro già presente sul conto può essere aggredito soltanto se ammonta a 3 volte l’Assegno sociale.
Un’alternativa può essere decidere di accreditare lo stipendio sul conto corrente del coniuge o di un familiare. Il creditore dovrebbe prima capire quale conto attaccare e, dunque, ci vorrebbe più tempo per prelevare le somme.
Il debitore, infine, può richiedere al giudice la sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo o la sospensione della procedura esecutiva, ai sensi degli articoli 615 e 624 del codice di procedura civile.
Per la sospensione, però, la legge richiede la sussistenza di “gravi motivi“, che vengono accertati, di volta in volta, dal giudice.