Occhi bene aperti quando si parla di periodo di prova a lavoro: c’è un dettaglio a cui bisogna prestare attenzione.
La normativa più recente ha apportato dei cambiamenti a quello che viene considerato un periodo di prova a lavoro, vale a dire un tempo iniziale limitato che l’azienda si prende per valutare il nuovo dipendente e che il dipendente sfrutta per rendersi conto se la nuova attività intrapresa possa fare al caso suo.
La contrattazione collettiva tiene conto del tempo di prova e fissa delle soglie massime per legge, durante le quali tanto il datore di lavoro quanto il neoassunto testano la convenienza di un’eventuale reciproca collaborazione. In questo periodo specifico, il lavoratore può dimettersi senza obbligo di preavviso e il datore di lavoro può licenziare senza alcuna motivazione (vedi se è prevista comunque l’indennità di disoccupazione NASpI). Non sussistono procedure particolari alle quali attenersi.
Periodo di prova a lavoro, cambiano le cose
Il Decreto Trasparenza 2024 ha stabilito delle nuove regole circa il funzionamento del periodo di prova iniziale a lavoro. Stando a quanto dichiarato dalla nuova legislazione, il periodo di prova dovrà essere proporzionato alla durata del contratto e in linea con le mansioni che il dipendente dovrà svolgere.
L’articolo 7, comma 1, del Decreto Trasparenza rivaluta la durata massima del periodo di prova. Nel caso in cui ne sia previsto lo svolgimento, la prova del nuovo dipendente non dovrà superare i 6 mesi di tempo, ad eccezione dei contratti collettivi che prevedono specificatamente periodi inferiori.
Ai sensi del medesimo articolo 7, comma 3, il periodo di prova può subire delle variazioni temporali che conducono ad una proroga dello stesso: davanti al verificarsi di eventi quali malattia, infortunio, congedo per maternità o paternità, il periodo di prova può essere considerato sospeso e la sua durata potrà essere prolungata in misura corrispondente al tempo d’assenza. Il Decreto Trasparenza specifica anche che malattia, infortunio e congedo per maternità o paternità siano situazioni esemplificative e non esaustive, in quanto qualsiasi altra motivazione valida che conduca ad un’assenza del dipendente dal posto di lavoro (ad esempio in caso di congedi o permessi di cui alla legge n. 104/1992) porta alla sospensione e al prolungamento nel tempo del periodo di prova.