Presto potrebbe arrivare una stangata senza precedenti sugli assegni pensionistici. Gli importi potrebbero calare anche di 300 e ad essere colpiti saranno soprattutto alcune categorie.
Se da una parte marzo segna novità positive importanti sulle pensioni, con il cambiamento delle aliquote Irpef, dall’altro c’è più una maggiore consapevolezza da parte delle istituzioni che il sistema pensionistico italiano deve cambiare.
Un primo monito era arrivata proprio qualche mese fa dall’OCSE che aveva sottolineato quanto le pensioni costino al PIL italiano e come questa situazione non fosse più sostenibile per la crescita del nostro Paese. E sempre da Parigi erano arrivati alcuni consigli/direttive sugli eventuali tagli pensionistici da effettuare. Nei fatti il Governo si sta rendendo conto effettivamente che un sistema del genere con pensioni d’oro non è più possibile per l’Italia e questo per il principale motivo che la popolazione non fa altro che invecchiare, senza garantire quel necessario ricambio generazionale che permetta il funzionamento del sistema attuale.
Da una parte, quindi, si aumenta l’età di pensionamento, dall’altro si pensano agli effettivi tagli possibili. A conti fatti, si parla di pensioni che, per alcune categorie, possono calare anche di 300 euro.
Quota 41 -cioè la possibilità di lasciare il lavoro con 41 anni di contributi a prescindere dall’età- si farà. Lo ha stabilito il Governo che ha anche sottolineato come l’assegno dovrà essere più basso.
Si tratta di una riforma pensionistica, quindi, che si basa sul taglio degli assegni in quanto il ricalcolo sarà interamente contributivo, che nei fatti si traduce in assegno mensile inferiore. Un meccanismo che è già applicato quest’anno con Quota 103 (la pensione anticipata flessibile, ndr) e Opzione donna. L’intento è quello di andare verso una riforma delle pensioni che sia più “sostenibile per i conti e per il mercato del lavoro“, ha spiegato Claudio Durigon sottosegretario al Ministero del Lavoro.
Con questo meccanismo, il periodo di lavoro prima del 1996 verrebbe conteggiato attraverso il calcolo dei contributi versati e non quello retributivo basato cioè sugli stipendi ricevuti. Il ricalcolo va a penalizzare i pensionati con un assegni che risulterà essere più basso. Secondo le stime, si potrebbe perdere fino al 20% in meno ogni mese. Questi tagli riguarderanno circa 732mila lavoratori tra pubblici e privati dal mondo della sanità ai docenti di materne ed elementari passando per i dipendenti degli enti pubblici.
L’isopensione è una misura che permette di uscire dal mondo del lavoro fino a 7 anni prima rispetto all’età pensionabile. In questi anni il lavoratore riceve un assegno direttamente dall’ex datore di lavoro, successivamente riceverà poi l’assegno pensionistico dall’INPS che sarà decurtato anche in questo caso del 20% e che potrebbe appunto rappresentare la soglia dei 300 euro al mese.
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