La pensione di reversibilità dipendente anche dalla durata del matrimonio? Ci sono casi in cui il coniuge subisce decurtazioni di questo tipo? Vediamo cosa dice la legge.
La pensione di reversibilità è quell’assegno pensionistico elargito dall’INPS ai superstiti di un lavoratore o pensionato deceduto. Spesso rappresenta l’unica vera forma di reddito per le famiglie che si sono ritrovate a perdere quel caro che aveva appunto uno stipendio o una pensione.
Il trattamento si riconosce del tutto o in maniera parziale rispetto alla pensione percepita o maturata del defunto a seconda di una serie di condizioni (generalmente il reddito dei superstiti) e ad averne diritto sono per lo più il coniuge e i figli laddove presenti. Tra i fattori che determinano l’ammontare dell’assegno di reversibilità, ci si potrebbe chiedere se la durata del matrimonio influisce? In realtà la normativa è molto più estensiva di quanto si possa immaginare, eccetto che in un caso, ma vediamo con ordine.
Pensione di reversibilità e durata del matrimonio non vanno a braccetto
La durata del matrimonio non influisce sulla pensione di reversibilità. A differenza di quanto succede in paesi come la Francia, in Italia non c’è alcuna differenza di trattamento in base alla durata dell’unione. E si parla di unione non a casa perché, rispetto a quanto si possa immaginare, la pensione di reversibilità spetta anche ai compagni ovvero ai superstiti uniti civilmente.
Ma quali sono, allora, le condizioni da rispettare o i requisiti a cui rispondere perché i coniuge superstite abbia diritto alla pensione di reversibilità? In realtà, come vedremo a breve, i punti sono davvero pochi:
- È indispensabile che il matrimonio sia ancora in corso al momento della morte del pensionato/lavoratore. Al massimo la legge consente una separazione; questa è la fase in cui i coniugi sono ancora legalmente sposati, per questo motivo non si perde il diritto alla reversibilità;
- Il coniuge superstite non deve passare a nuove nozze.
Al di là di questi aspetti, quindi, al coniuge spetta il 60% della quota di pensione, che può raggiungere anche il 100% nel caso in cui siano presenti figli. La percentuale e le eventuali decurtazioni, quindi, come si diceva non dipendono dalla durata del matrimonio quanto piuttosto da altri elementi e anche in quei casi ci delle eccezioni previste dalla legge.
Rileggendo i punti sopracitata, risulta poi anche facile intuire qual è la vera eccezione prevista dalla legge in cui la durata del matrimonio diventa rilevante ai fini dell’assegno di reversibilità: il divorzio.
Come il divorzio influisce sull’assegno di reversibilità
La presenza del divorzio diventa determinate ai fini della pensione di reversibilità. Ma più che la durata del matrimonio è la data dello stesso ad essere influente. Di fatto essere divorziati non vuol dire perdere il diritto all’assegno di reversibilità, questo viene comunque concesso in alcune condizioni:
- il coniuge divorziato deve essere titolare di assegno di mantenimento;
- la data di inizio assicurativo del defunto deve essere anteriore alla data di sentenza del divorzio.
È questa l’unica circostanza in cui la durata del matrimonio influisce, questo perché il legislatore ha limitato il diritto alla reversibilità per quei superstiti in cui l’ex coniuge defunto non aveva iniziato a lavorare o a versare contributi.