Percepire una pensione pari all’ultimo stipendio, un obiettivo per molti lavoratori. Vediamo le possibilità di ottenerlo.
Una pensione dignitosa è un obiettivo che tutti si pongono alla conclusione della carriera lavorativa. Un traguardo importante e che se raggiunto consente una vecchiaia più serena. Tuttavia non è così semplice e il tema del livello troppo basso di alcuni trattamenti pensionistici resta di scottante attualità con l’attuale sistema di calcolo contributivo.
In questo quadro, raggiungere la pensione con un assegno pari allo stipendio percepito, appare un obiettivo non semplice. Si devono fare delle osservazioni importanti al riguardo dei fattori utilizzati dal sistema attuale di calcolo pensionistico e valutare alcuni elementi dalla vita lavorativa svolta. Partendo da queste considerazioni, si può comprendere se un assegno pensionistico pari all’ultima retribuzione sia un traguardo raggiungibile o no.
Il sistema contributivo, che dal 1996 ha preso il posto di quello retributivo, utilizzato parzialmente fino al 2011 in alcuni casi, è decisamente meno favorevole al lavoratore del precedente. Nel contributivo ogni anno è accantonata una parte della retribuzione che va a formare il montante contributivo.
Questa somma è rivalutata periodicamente sulla base dell’inflazione e alla fine del lavoro trasformata in pensione con l’applicazione di un coefficiente di trasformazione che cambia in virtù dell’età di pensionamento. Tale coefficiente è tanto più favorevole, quanto più si ritarda l’uscita dal lavoro. Per chi esce a 63 anni, il coefficiente è 5,028%, a 67 anni (oggi età minima per la pensione di vecchiaia con 20 anni di contributi) è 5,723%, a 71 anni (età per la pensione di vecchiaia con almeno 5 anni di contributi) è 6,655%.
Facciamo l’esempio di un lavoratore con una carriera di 40 anni, con una media di 2.000 euro lordi al mese, quindi circa 26mila euro l’anno. Questo corrisponde a circa 8.500 euro di contributi l’anno (di solito la media è del 33 per cento sulla retribuzione). In totale il montante dopo 40 anni sarà di circa 340.000 euro. Andando in pensione a 67 anni si applica il coefficiente di 5,723%.
La pensione lorda annuale, nell’esempio riportato, corrisponde a 19.641 euro più o meno, che diviso per 13 mensilità dà come risultato a circa 1.510 euro lordi. Quindi siamo ben lontani alla media di 2.000 euro lordi al mese. Uno stipendio netto di 1.900 euro al mese, con 40 anni di lavoro e l’ingresso in pensione a 67 anni corrisponde a un assegno pensionistico netto mensile di 1.370 euro. Anche così molto lontano dallo stipendio percepito.
Purtroppo chi rientra interamente nel sistema contributivo, con versamenti soltanto a partire dal 1996, è molto difficile che percepisca un trattamento pari all’ultimo stipendio. Con l’avanzare degli anni questa situazione coinvolgerà sempre più persone, sfavorendo quanti hanno una avuto una carriera discontinua con retribuzioni basse e pochi contributi. Un tema, quello dei trattamenti pensionistici esigui, che diventerà sempre più urgente in un futuro nemmeno lontano.
Le dichiarazioni del ministro Valditara sulla violenza di genere e l'immigrazione scatenano polemiche, evidenziando la…
Amazon anticipa il Black Friday con sconti imperdibili, tra cui la Smart TV Samsung UE55DU7190UXZT…
La dirigente scolastica Tina G. denuncia il preoccupante fenomeno delle foto alle targhe dei docenti,…
Scopri tre monitor 4K ideali per il gaming: l'ASUS ROG Strix XG27UCS per prestazioni premium,…
L'ossessione per i social media e lo "sharenting" sollevano preoccupazioni sulla salute mentale dei giovani,…
Scopri l'offerta di Amazon per un kit di luci LED controllabili tramite app a soli…