Quali sono le differenze tra il regime forfettario e quello semplificato della Partita Iva: ecco tutto quello che bisogna sapere.
Il mondo del lavoro in Italia sta attraversando un periodo cruciale. Sono tante le manifestazioni di lavoratori e disoccupati che premono per ottenere quello che è denominato salario minimo, per abbattere una soglia di povertà ancora molto alta nel nostro paese. Oltre questo, si combattono anche i contratti che non sono sempre all’altezza delle mansioni svolte, in termini di salari e di orari lavorativi.
E spesso molti lavoratori, per esigenza o essendo lavoratori autonomi, decidono di aprire una Partita Iva. Su questo tema ci sono diverse variabili che è opportuno conoscere per comprendere quale regime è opportuno considerare, se quello forfettario o quello semplificato. Tra i due ci sono sostanziali differenze, molto spesso sconosciute all’utenza: ecco tutto quello che è opportuno sapere.
La Partita Iva permette al lavoratore di lavorare autonomamente ed avere la possibilità di fatturare per le mansioni da egli svolte. Una soluzione che offre molte possibilità ma bisogna conoscere bene tutti gli aspetti per evitare delle insidie. Periodicamente infatti, vanno fatti dei versamenti al fisco in maniera obbligatoria, tramite il modello F24. Eppure su questo tema c’è ancora un po’ di disinformazione.
Prima di aprire una Partita Iva, per una attività svolta in maniera continuativa, è bene capire i limiti di guadagno, per poi versare i contributi previdenziali. Diventa quindi essenziale capire il regime che bisogna istituire nell’apertura della Partita Iva, se in regime forfettario oppure semplificato. I due sembrano simili ma hanno particolari differenze che in molti ignorano. Ecco quali sono.
Il regime forfettario esclude le società di capitali, e quindi si volge a ditte individuali e nonché a liberi professionisti. Il limite di fatturato annuo per questo tipo di regime non deve superare gli 85 mila euro annui, soglia alzata rispetta agli anni precedenti. L’imposta sostitutiva per questo regime corrisponde al 15% del reddito imponibile, e nei primi 5 anni di attività invece, nel caso di start up, è del 5%.
Mentre per quanto riguarda il regime semplificato, i limiti sono di non oltre i 500mila euro per quanto riguarda prestazioni e servizi, e non oltre gli 800mila euro per ditte ed imprese che svolgono altre tipi di mansioni. L’imposta sostitutiva, in questo caso, sono simili al regime ordinario e prevede quella che è definita contabilità per cassa. Sono escluse da tale regime le s.r.l. e le s.r.l.s. Le aliquote di imposta si aggirano al 23% per i valori reddituali fino a 15 mila euro, e di 25% fino a 28 mila. Fino a 50 mila euro, invece sono del 35% e superati i 50 mila euro i valore è del 45%.
L'assegno postdatato rappresenta uno strumento di pagamento che, sebbene legale, può portare con sé una…
L’Ape Sociale rappresenta una misura di sostegno fondamentale per i lavoratori italiani che si trovano…
Il mondo del lavoro è uno di quelli che, al momento, è più in difficoltà…
La nuova politica di Meta rappresenta una scommessa sulla libertà di espressione a scapito della…
Negli ultimi anni, le truffe telefoniche hanno raggiunto livelli preoccupanti, creando un clima di ansia…
Le ultime novità offrono una boccata d'aria ai consumatori, soprattutto in un periodo in cui…