Paradisi fiscali, ecco la lista nera dell’UE. Ma troppi punti deboli

Paradisi fiscali, l’Unione Europea aggiorna la lista nera. Restano tuttavia troppe incertezze nella lotta per la giustizia fiscale.

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Paradisi fiscali, le azioni dell’UE (codiciateco.it)

Lo strumento della lista nera, blacklist, è usato dalle autorità comunitarie per identificare ufficialmente i Paesi che non collaborano ai fini fiscali, dotandosi quindi di strumenti e mezzi difensivi e sanzionatori nei loro confronti. L’aggiornamento recente ha portato all’esclusione dall’elenco di alcuni paesi, nel dettaglio Bahamas, Belize, Seychelles e Isole Turks e Caucos.

La lista resta corposa e comprende Isole Vergini americane, Trinidad e Tobago, Samoa, Antigua e Barbuda, Russia, Panama, Anguilla, Palau, Figi, Guam, Vanuatu e Samoa americane. Questi Paesi non rispettato gli impegni presi con l’Unione Europea in tema di lotta all’erosione dell’imponibile e e al trasferimento dei profitti. Né hanno incrementato i criteri di trasparenza ed equità fiscale. Ma la decisione sancita durante il Consiglio Affari generali non soddisfa tutti.

Le critiche alla lista nera UE dei paradisi fiscali

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Paradisi fiscali, i profitti trasferiti (codiciateco.it)

Come riportato da il Fatto Quotidiano, critiche alla scelta UE sono arrivate dalle organizzazioni, come Oxfam, impegnate nella richiesta di maggior giustizia fiscale. A cominciare dal contrasto ai paradisi fiscali che consentono a super ricchi e multinazionali di evadere ed eludere il Fisco, togliendo risorse ai servizi pubblici.

Secondo Oxfam paesi molto permissivi in tema fiscale come Jersey e Isole Cayman non sono nella lista nera. Non solo, come riconosce lo stesso Consiglio, le esclusioni derivano da un alleggerimento delle richieste, come quella di non agevolare la creazione di offshore ai quali assegnare profitti diversi dall’attività svolta realmente.

I criteri di inserimento nelle lista nera hanno aspetti di forte criticità, come dimostra la mancanza di un principio basato sulla “trasparenza dei titolari effettivi di società, fondazioni e trust”. Paesi che non fanno pagare le tasse per i redditi societari non sono nella lista UE, come le Isole Vergini britanniche. Una maggior trasparenza renderebbe più difficile per i paradisi fiscali la copertura dei beni patrimoniali dei non residenti.

D’altra parte anche Paesi facenti parte dell’Unione (Irlanda, Paesi Bassi, Cipro, Malta, Ungheria, Lussemburgo come ammesso in passato dalla stessa Commissione europea) non sono sottoposti a giudizi severi per le loro politiche che favoriscono l’elusione fiscale. Così la Independent Commission for the Reform of International Corporate Taxation critica l’Europa incapace di analizzare i comportamenti di alcuni Stati membri.

Come riporta il Fatto Quotidiano stati come Paesi Bassi e Irlanda hanno attratto nel 2020 rispettivamente 140 e 180 miliardi di dollari di profitti, contro i 60 delle Isole Vergini e gli appena 20, si fa per dire, delle isole Cayman. Quindi paesi europei come quelli citati tolgono molte più risorse agli altri stati dell’Unione dei cosiddetti paradisi fiscali. Una contraddizione che fa riflettere.

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