Alcuni dipendenti scelgono di farsi licenziare dal proprio datore di lavoro quando è arrivato il momento di lasciare il posto. In tal modo possono percepire la NASpI. Ma questo comportamento è concepito dalla legge?
Un dipendente è consapevole che l’indennità di disoccupazione può essere richiesta in occasione di dimissioni non volontarie. Proprio per questo, spesso vengono messi in atto alcuni escamotage per far sì che sia il datore di lavoro ad interrompere il rapporto di collaborazione, così da potersi aggiudicare dei mesi di copertura economica. Ma come si esprime la legge a riguardo?
Tra le “tattiche” più frequentemente utilizzate dal dipendente che sceglie di lasciare il proprio lavoro ma non compie il passo del licenziamento pur di non perdere la NASpI, vi è la pratica dell’assenteismo. Non presentarsi a lavoro senza giustificazioni può costringere il datore di lavoro a dimettere. Ancora, presentarsi a lavoro senza far nulla può avere lo stesso esito: l’azienda prima o poi licenzierà il dipendente inoperoso. Queste strategie hanno in comune il farsi licenziare per poter percepire l’indennità di disoccupazione. Ma vediamo, in realtà, quali conseguenze nascondono.
NASpI, il dipendente può ottenerla con l’inganno?
La NASpI spetta solo in caso di involontaria perdita di lavoro, compresi i casi di dimissioni per giusta causa che vedono il dipendente vittima di gravi violazioni da parte del datore di lavoro (come il mancato pagamento della retribuzione per almeno due mensilità o diversi comportamenti illeciti, quali mobbing, violenze sessuali o altri reati).
Comportamenti illeciti da parte del dipendente portano il datore di lavoro a scegliere di licenziarlo. Tuttavia, un’azienda non ha convenienza nel farlo: è costretta a versare all’INPS il cosiddetto ticket NASpI, ossia una tassa sui licenziamenti che ha l’obiettivo di finanziare parzialmente l’erogazione della disoccupazione. Nel 2023 un disegno di legge ha pensato di porre fine a questi abusi, considerando un’assenza ingiustificata da lavoro come dimissione volontaria da parte dello stesso dipendente, incompatibile con l’assegno di disoccupazione.
Tuttavia, la legge non è ancora entrata in vigore, pertanto oggi il datore è costretto a licenziare il dipendente e versare il ticket NASpI che gli garantisca la disoccupazione. Solo in caso di “sciopero bianco”, ossia quando un dipendente si presenta sul posto di lavoro ma è di fatto inconcludente, l’azienda può pensare di intraprendere contro di lui una causa civile per richiedere un risarcimento dei danni. Esaminiamo nel dettaglio tutti i rischi che si possono correre facendosi licenziare appositamente per ottenere la NASpI.