Poste Italiane deve pagare un maxi risarcimento nei confronti di un lavoratore: 400 mila euro a chiusura di un lungo e spinoso contenzioso. I dettagli
Poste Italiane in queste ultime settimane è salita agli onori della cronaca perché costretta a pagare un maxi risarcimento nei confronti di un suo ex dipendente. Si tratta di ben 400 mila euro, cifra stabilita dal tribunale dopo un contenzioso durato diversi anni.
“Si tratta di una sentenza che punisce in maniera severa l’arroganza di Poste Italiane” secondo la segreteria confederale della Cgil di Padova che ha seguito il caso e ha fatto in modo che i diritti dei lavoratori venissero rispettati e non calpestati. Ma vediamo nel dettaglio cosa è successo.
La vicenda che si è conclusa da poco e che chiama Poste Italiane (scopri qui la promozione erogata) a risarcire un lavoratore con 400 mila euro parte nel 2010, momento in cui una cooperativa che lavorava per l’azienda ha licenziato alcuni lavoratori. Questi, seguiti dalla Cgil, hanno impugnato una causa per appalto illecito. Nel 2015 la prima sentenza che dà ragione ai lavoratori riconoscendo illecito l’appalto e ordinando a Poste Italiane non solo di riassumere gli ex dipendenti ma di pagare anche un risarcimento.
L’impresa pubblica si è appellata ricorrendo in secondo grado e poi in Cassazione. Entrambe le volte ha perso il dibattimento e così ha dovuto riassumere i lavoratori. Tutti tranne uno che nel corso degli anni era andato in pensione e dunque secondo Poste Italiane (che adesso assume con diploma e senza esperienza) non doveva essere riassunto.
Ecco allora che la Cgil ha aperto un altro procedimento chiedendo un decreto ingiuntivo con ordine di pagamento che partiva dal 2010, anno del licenziamento fino al 2022, quando è stato depositato il ricorso. In queste settimane si è chiuso anche quest’altro procedimento: il Tribunale di Padova ha respinto l’opposizione di Poste Italiane e ha imposto nei confronti del lavoratore la liquidazione di una somma di circa 300 mila euro a cui si sommano gli accessori di circa 12 anni di procedimento, per un totale che arriva quasi a 400 mila euro. All’azienda, adesso, non resta che pagare.
La Cgil ad oggi sottolinea che si è chiusa una spinosa questione che poteva essere risolta da Poste Italiane attraverso “delle normali e sane relazioni sindacali anche quando è evidente e chiaro che così i costi che deve sostenere sono molto più alti”. Da parte del sindacato l’auspicio nei confronti dell’azienda è solo uno: scendere “dal piedistallo in cui si è collocata e accettare di discutere con noi della situazione di quel lavoratore che, è bene ricordarlo, non ha vinto alla lotteria ma si è visto solo riconosciuto quanto perso in tutti questi anni a causa dell’ottusità di Poste Italiane”.
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