Pensare che essere in possesso della Legge 104 preservi dal licenziamento è un errore. Succede raramente, ma succede.
La legge 104 è ormai storia, scritta per la prima volta da quando è nata la Repubblica da persone affette da disabilità, insieme a ministri prima e parlamentari poi. Un evento che ha cambiato il welfare italiano in modo significativo e ha aperto le porte ad un nuovo modo di rispettare le persone più fragili e quelle che decidono di occuparsi di loro. La storia della Legge 104 non è chiarissima e online non si trovano più tutti i documenti dell’epoca, ma è certo che ciò che nasceva il 5 febbraio 1992 portava la firma di politici affermati, cantanti e portatori di handicap che lottavano per i diritti dei disabili.
Tra gli altri Rosa Russo Iervolino, ministra senza portafoglio degli Affari Sociali nel sesto e settimo Governo Andreotti, che costituì una Commissione formata da leader e personaggi famosi del mondo della disabilità.
Figure importanti come Bruno Tescari, Vincenza Zagaria, Laura Stopponi, Vincenza Ferrarese, Roberto Grimaldi, componenti della Lega Nazionale per il Diritto al Lavoro degli Handicappati, insieme a Salvatore “Tillo” Nocera, Teresa Serra dell’Associazione AIAS, e personaggi noti come il compianto cantautore Pierangelo Bertoli. Nel 2024 la Legge 104 continua ad essere al fianco dei portatori di handicap e di chi si occupa di loro (i caregiver). La domanda che ci poniamo oggi riguarda il lavoro: può essere licenziato chi usufruisce della legge 104?
Iniziamo subito col dire che sì, chi usufruisce della legge 104 può essere licenziato, sia il portatore di handicap che il caregiver ovvero il familiare che si occupa di prendersi cura del disabile. Il caso di licenziamento più diffuso riguarda i permessi che vengono usati per scopi diversi dal prestare assistenza al familiare disabile. la Cassazione non lascia dubbi: durante i permessi il caregiver deve trascorrere la maggior parte della giornata insieme all’assistito, non per forza nel suo stesso domicilio. Durante i permessi è consentito in maniera minore la possibilità di usare del tempo per le proprie necessità come il fare la spesa, portare e prendere i figli a scuola o accompagnarli alle attività doposcuola o fare una breve passeggiata con gli amici. Ma nulla di più, perché la funzione del permesso è quella di un’assistenza diretta con il soggetto bisognoso.
Secondo la Cassazione, chiedere un giorno di permesso retribuito per dedicarsi a “qualcosa che nulla ha a che vedere con l’assistenza” costituisce un “odioso abuso del diritto”. E chi lo fa può essere licenziato in tronco. La violazione dei permessi può essere verificata anche con l’impiego di investigatori privati assoldati dai datori di lavoro che abbiano forti dubbi sull’operato del loro dipendente.
Se il titolare della 104 è anche il portatore di handicap, può essere licenziato se l’azienda per cui lavora versa in grave crisi economica, ma prima il datore deve verificare se può continuare a farlo lavorare con altre mansioni compatibili con le sue possibilità fisiche. Si chiama repêchage. Il portatore di handicap con legge 104 può essere licenziato anche se supera i giorni di assenza per malattia indicati nel CCNL: si chiama periodo di comporto. La Cassazione in questo caso ha sentenziato che chi presenta una disabilità deve poter usufruire di un comporto superiore rispetto a quello previsto per gli altri dipendenti.
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