Sono tantissime le attività che restano aperte negli orari vicini o comprendenti il pranzo: ma per chi è a lavoro, è obbligatoria la pausa? Facciamo chiarezza.
Chi si ritrova a lavoro al momento del pranzo, si chiede spesso se la pausa non sia obbligatoria. Ebbene, facciamo chiarezza su questo punto. Sono tantissime le attività che restano aperte con orario continuato dal mattino fino a sera e questo costringe i lavoratori a provvedere al pasto di mezza giornata.
Talvolta le stesse aziende riconoscono la “scomodità” dell’orario e garantiscono dei ticket spendibili nella ristorazione per compensare la spesa sostenuta nel mangiar fuori casa. Altri lavoratori, invece, provvedono a prepararsi qualcosa da mangiare e portare nel lunch box a lavoro, muniti di forchetta e coltello. Al contrario, è certamente avvantaggiato chi già lavora in un bar o un ristorante. Ma cosa dire, invece, della pausa pranzo? Ossia, del tempo da lasciare al dipendente per consumare il suo pasto?
Pausa pranzo, è obbligatoria per chi è a lavoro?
Il pranzo è un momento cruciale della giornata di una persona. Spesso i lavoratori sono costretti ad eluderlo o rimandarlo, talvolta consumando qualcosa di piccolo in tutta fretta davanti al computer. Con queste modalità, il pasto di mezza giornata smette di essere un momento di relax e ricarica delle energie, con conseguenti effetti negativi a livello psicologico. Proprio per questo, i dipendenti devono sapere che in alcuni casi la pausa pranzo è obbligatoria per legge.
Secondo la normativa dedicata (decreto legislativo 66 dell’8 aprile 2003, art. 8), risulta essere obbligatoria quando la durata del lavoro giornaliero supera le 6 ore. E’ fondamentale per il recupero delle energie psico-fisiche della persona. La durata della stessa pausa, invece, viene regolata dal Ccnl. In mancanza di indicazioni specifiche, si può far riferimento ad una regola generale che prevede la concessione al lavoratore di uno stop che va dai 10 minuti fino ad un massimo di due ore. Di norma, le aziende concedono un’ora al dipendente al fine di recuperare le energie e l’attenuazione del lavoro monotono e ripetitivo. Il singolo può rinunciare alla propria pausa per continuare la sua attività lavorativa ma, pur trattandosi di una decisione personale, questo tempo rientra tra gli straordinari, anche se è prevista l’erogazione di un buono pasto (disposizione confermata dalla Corte di Cassazione).