Hai maturato vent’anni di contributi? Scopri a quanto ammonterebbe la tua pensione minima, e se conviene davvero fare la richiesta.
Nel mare magnum delle pensioni, venirne a capo è una delle operazioni più complicate che si possa sperare di mettere a segno. Le domande che ruotano attorno a questo tema tanto dibattuto, del resto, sembrano non esaurirsi mai.
C’è chi si domanda quanto aumenti la pensione per ogni anno di lavoro in più, tenendo il calcolo preciso fino a che non si sarà raggiunta la quota desiderata. Chi, invece, i calcoli li fa partendo proprio dallo stipendio, e cercando di comprendere se esso sia sufficiente a garantire una pensione che possa essere considerata degna per vivere.
Se parliamo di contributi, però, uno degli interrogativi più gettonati è il seguente: se ho già maturato vent’anni di contributi, come faccio a calcolare la pensione che mi spetterà? Scoprirai con tua grande sorpresa che le cose non sono proprio così semplici come avresti pensato.
Innanzitutto, stabilire a quanto ammonti la pensione minima con vent’anni di contributi non è esattamente la passeggiata che ci si aspetta. Ci sono diverse variabili da tenere in considerazione, e che cercheremo di approfondire grazie a questo articolo.
In primo luogo, non è detto che, una volta superata la soglia dei vent’anni di contributi, tu abbia diritto all’integrazione al trattamento minimo, cioè a quell’aumento dell’importo pensionistico che viene garantito nel caso in cui l’assegno risulti inferiore alla soglia minima stabilita dalla legge.
Nel 2024, nella fattispecie, si ha diritto alla pensione minima se l’importo dell’assegno mensile è inferiore a 598,61 euro, al quale si somma un bonus di perequazione pari al 2,7%, che porta il totale a 614,77 euro, e dunque a 7.781,93 euro annui.
Se il reddito annuo dovesse superare 7.781,93 euro ma essere comunque inferiore a 15.563,86 euro si ottiene invece un’integrazione ridotta, che corrisponde alla differenza tra il massimo reddito consentito e il proprio reddito. Superata la soglia dei 15.563,86 euro, invece, svanisce qualunque diritto ad un’integrazione.
Peraltro, il fatto che i suddetti prerequisiti siano soddisfatti non implica automaticamente che si possa aver accesso alla pensione minima. A tal riguardo, sono esclusi dal meccanismo della pensione minima tutti coloro che hanno versato contributi solo a partire dal 1° gennaio 1996.
Prendiamo il caso di un lavoratore 67enne che ottenga la pensione minima con vent’anni di contributi versati, e con una retribuzione lorda annua pari a 18.000 euro. Il totale dei contributi versati ammonta a circa 125.000 euro, somma derivante dal 33% della retribuzione lorda moltiplicata per gli anni contributivi.
Sulla base del coefficiente di trasformazione (5,7223%), l’importo lordo annuo della pensione ammonterà a circa 7.200 euro. La suddivisione mese per mese? A malapena 550 euro lordi. Peraltro il suddetto lavoratore, essendo sotto la soglia minima stabilita dalla legge, non avrà diritto ad alcun bonus integrativo.
Se invece la pensione gli venisse calcolata secondo il sistema misto, il lavoratore riceverebbe 440 euro lordi al mese, somma che potrebbe essere integrata fino alla cifra di 598,61 euro, purché egli sia in possesso dei requisiti reddituali.
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