Assegno di Inclusione, in alcuni casi i beneficiari devono restituire il contributo. Ecco a cosa fare attenzione.
Il pagamento dell’Assegno di Inclusione è ormai avviato e la ricarica è arrivata ai primi beneficiari del contributo contro la povertà e l’esclusione sociale, per il reinserimento lavorativo. Si tratta della misura che almeno in parte prende il posto dell’ormai abrogato Reddito di Cittadinanza. La prestazione si affianca al Supporto per la formazione e il lavoro, in attività dal mese di settembre dello scorso anno.
I beneficiari sono i nuclei familiari con soggetti fragili (anziani con almeno 60 anni, minorenni, disabili e persone in condizioni di svantaggio prese in carico per cura e assistenza dai servizi sociali socio sanitari certificati. Il contributo quindi si concretizza con una ricarica mensile della Carta inclusione da parte dell’INPS. Ma scopo della prestazione è il reinserimento sociale e lavorativo, con la partecipazione obbligatoria per tutti i maggiorenni del nucleo familiare a politiche attive del lavoro.
L’effettiva erogazione del beneficio è subordinata, quindi, alla partecipazione dei richiedenti e dei maggiorenni del nucleo familiare (con l’esclusione di quelli impegnati in attività di cura e assistenza per altri membri della famiglia) alle iniziative per la ricollocazione nel mondo del lavoro. Questo aspetto è fortemente voluto dal legislatore e in qualche modo rappresenta la finalità dell’intervento.
Da un punto di vista operativo il richiedente deve seguire una precisa procedura prima di ricevere l’aiuto mensile. Alla domanda all’INPS infatti deve seguire l’iscrizione al SIISL (Sistema informativo per l’inserimento lavorativo e sociale). Di seguito c’è l’obbligo della sottoscrizione del PAD (Patto di attivazione digitale) con l’appuntamento al Centro per l’impiego per l’avvio alle politiche attive al lavoro.
Solo successivamente è prevista l’erogazione del contributo. Non partecipare alle iniziative formative o di attivazione, così come non rispettare gli impegni presi con i servizi sociali per i percorsi personalizzati di reinserimento determina la decadenza del nucleo familiare dal beneficio. Così come la mancata sottoscrizione del PAD. Non solo, le sanzioni penali in caso di dichiarazioni mendaci, di false documentazioni, di mancate comunicazioni di cambiamenti del reddito e del patrimonio sono molto severe.
L‘utilizzo di documenti e dichiarazioni false e l’omissione di informazioni obbligatorie può determinare la condanna tra 2 e 6 anni di carcere. La mancata comunicazione delle variazioni di reddito o patrimonio all’INPS può causare la reclusione da 1 a 3 anni. La condanna in via definitiva per questi reati o per reati che prevedono pene pari o superiori a un anno comporta non solo la decadenza dal beneficio, ma anche l’obbligo della restituzione di quanto percepito in modo indebito.
Quindi occorre fare molta attenzione nella presentazione dei documenti e poi nel rispetto degli obblighi previsti dalla normativa. Si rischia parecchio, anche il carcere oltre che la restituzione completa di quanto ricevuto in maniera illecita.
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