LA NASPI, l’assegno di disoccupazione per ex lavoratori, è fondamentale per la sopravvivenza immediata. Ma va a scalare man mano che passano i mesi: ecco di quanto
La NASPI è una misura fondamentale per il sostegno economico delle persone che, purtroppo, perdono inaspettatamente e soprattutto involontariamente il lavoro. Tranne alcune eccezioni previste dall’INPS, tale misura di disoccupazione è infatti indirizzata solo a coloro che incassano un licenziamento e che si ritrovano, improvvisamente, senza un reddito con cui mantenersi e sostenere eventuale famiglia. Un incubo di fatto, in attesa di trovarsi una nuova sistemazione che per forza di cose, tranne casi particolari, non è certo immediato e in appena pochi giorni.
Anzi: soprattutto di questi tempi, chi ha un lavoro ben pagato e con un buon contratto deve tenerselo stretto. E’ tutt’altro che scontato che ce ne sia un altro dietro l’angolo alle stesse condizioni, soprattutto osservando il tasso di disoccupazione e le ultime difficoltà sul fronte lavorativo. Chi invece si ritrova nella situazione di perdere ciò che aveva magari per una crisi aziendale, ha quanto meno il modo di restare a galla tramite questo paracadute previdenziale che elargisce quasi lo stesso stipendio fino a un massimo di due anni.
NASPI, di quanto cala e fino a che minimo arriva
La cifra ammonta infatti al 75% dello stipendio che si percepiva. Certo una decurtazione non proprio felice rispetto allo scenario precedente, ma comunque ben accetta considerando che in alternativa si sarebbe parlato di zero euro. Il problema, semmai, è che questa cifra calerà ulteriormente nei mesi successivi ai primi accrediti fino a raggiungere un minimo sindacale che si allontanerà sempre di più a quel che era il vero reddito di un tempo. E’ esattamente dal sesto mese che inizia la discesa, minima ma alla lunga percettibile. A meno che non si abbia più di 55 anni: in quel caso il ribasso partirà dall’ottavo mese, concedendo due mensilità normali extra all’ex lavoratore di turno.
Parliamo esattamente di un calo del 3% dopo il primo semestre. Il che significa, facendo una simulazione, che i 1275€ mensili percepiti in caso di vecchio stipendio da 1.500€ – appunto il taglio del 15% di cui dicevamo in precedenza – diventano dopo 180 giorni 1236,75 e si mantiene a malapena sui limiti dei 1.000€ entro la conclusione del primo anno, finché non arriverà la discesa totale nell’ultimo anno di cui si beneficia di tale ammortizzatore sociale.
Il 3% mensile diventerà infatti un totale di 36 moltiplicato per i successivi 12 mesi che seguiranno a cui saranno stati scalati già i 18 precedenti. Significa che in totale comporta il 54% in meno e dunque, alle battute finali, si prenderà esattamente meno della metà del primo accredito, ovvero poco più di un quarto rispetto a quel che era il vero stipendio di un tempo e non soltanto il suo 75% maturato tramite INPS.
Disoccupazione INPS ottima soluzione solo momentanea
La NASPI dunque diventa un mezzo di sopravvivenza fondamentale soprattutto e più verosimilmente per il primo anno, piuttosto che per l’intera durata del beneficio. E sempre se parliamo di una buona paga di partenza. Del resto chi arriva fino in fondo nel caso sono i giovani o coloro che non hanno famiglia, ma già in presenza di un nucleo familiare non basta assolutamente nella maggior parte dei casi. Ecco perché, a prescindere dal bonifico che giunge sul conto corrente, bisogna seriamente impegnarsi per trovare un nuovo impiego.