Privatizzazione di Poste italiane e anche di altri “gioielli di famiglia”: quanto incasserebbe lo Stato dalla vendite
Alla conferenza di inizio anno il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni aveva dichiarato che c’era la possibilità che lo Stato cedesse alcune delle proprie quote delle grandi aziende partecipate, in particolare Poste e Ferrovie dello Stato. Nel Consiglio dei Ministri di venerdì 25 gennaio è stata approvata la vendita di una quota di minoranza di Poste (detenuta dal Ministero dell’Economia), operazione che consente di mantenere il controllo pubblico e nello stesso tempo avviare l’ampio piano di dismissioni pubbliche.
Gli obiettivi sono sempre, ridurre il debito pubblico impiegando la somma ottenuta dalla vendita che si dovrebbe aggirare sui 20 miliardi circa. Soldi da utilizzare anche per misure come le riforme fiscali e pensionistiche.
La quota dello Stato, fa sapere Palazzo Chigi, sarà “tale da mantenere una partecipazione dello Stato, anche indiretta, che assicuri il controllo pubblico” mentre le “modalità di alienazione (alienazione è la parola usata alla voce dell’ordine del giorno del CdM per definire la parte da cedere, ndr) si assicura tenderanno anche a favorire la tutela dell’azionariato diffuso e la stabilità dell’assetto proprietario”.
Ma di quale quota parliamo? Il Ministero dell’Economia e delle Finanza attualmente ha il 29,6% di Poste Italiane mentre un’altra quotazione, il 35%, è in capo alla Cassa depositi e prestiti. Il totale è dunque il 75%, una maggioranza grande che nelle intenzioni del governo potrebbe essere ridotta ma mantenendo il controllo della società che gestisce il servizio postale universale. La vendita non riguarderebbe tutte le quote ma solo una parte che dovrebbe essere pari al 13%.
Il piano del governo rientra in uno più ampio di dismissioni dopo il collocamento sul mercato di una quota del 25% di Banca Monte dei Paschi di Siena, privatizzata in piena crisi finanziaria dopo gli scandali con al centro l’istituto toscano. Non è escluso che la privatizzazione potrebbe interessare un’altra parte delle banca.
Dopo Poste il governo potrebbe mettere sul mercato anche le partecipazioni di Eni (si parla del 4% dal valore di circa 2 miliardi di euro). Toccherà poi a Ferrovie dello Stato, ancora pubblica, che potrebbe anche essere quotata in borsa.
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