Economia

Conto cointestato, cosa succede se l’altro titolare ha debiti col Fisco

Cosa succede se si ha un conto cointestato e l’altra parte ha debiti con l’Agenzia delle Entrate? Chi non ha debiti cosa rischia? Tutto quello che c’è da sapere.

I rischi di un conto cointestato con un debitore dell’Agenzia delle Entrate (CodiciAteco.it)

La partica del conto cointestato è abbastanza comune e diffusa tra le coppie, per esempio; permette di gestire con una maggiore facilità le spese che si affrontano insieme. Ma cosa succede se uno dei due cointestatari contrae debiti con il fisco? Quali sono le reali conseguenze per l’altra persona? C’è il rischio di pignoramento o blocco del conto?

Per rispondere a tutte queste domande è importante cominciare dal funzionamento e definizione stessa del conto cointestato. Quest’ultimo è a tutti gli effetti una comunione dei beni, in questo caso rappresentato dalla somma in denaro depositata sul conto, ragion per cui ogni intestatario è beneficiario e proprietario del 50% di quei fondi -fatto salvo diverso patto accordato e riconosciuto da entrambe le parti.

Questa definizione risulta importante, in quanto va a definire anche quelli che sono gli eventuali rapporti con i creditori di uno dei due cointestatari del conto. Questo vuol dire che, in presenza di debiti con uno dei cointestatari l’Agenzia delle Entrate o qualsiasi altro ente creditore può attingere e pignorare solo in 50% di quei fondi. Di conseguenza, così facendo si va a “colpire” solo la quota di proprietà del soggetto che contrae il debito, mentre il cointestatario può stare tranquillo che i propri risparmi non siano toccati. Detta la regola generale però, ci sono degli altri fattispecie di casi che è importante conoscere.

Conto cointestato, tutti i rischi in caso di debiti di uno dei titolari

Le ipotesi di rischio per i conti cointestati in presenza di debiti (CodiciAteco.it)

Nei paragrafi precedenti si accennava al fatto che, a norma di legge, la divisione del conto cointestato è del 50%, ma può esserci un accordo tra le parti per cui uno dei due soggetti detiene più quote. Nel caso in cui questo avvenga, è bene che l’accordo tra le parti diventi un accorto scritto e depositato all’Agenzia delle Entrate.

Solo in questo modo, il soggetto che detiene più quote e non contrae debiti ha la possibilità di salvaguardare il proprio patrimonio. Per esempio, se i due soggetti cointestatari decidono di dividere per l’80% a uno e il restante 20% all’altro ed è quest’ultimo a contrarre debito, l’Agenzia delle Entrate saprà che può eventualmente pignorare solo il 20% di quel conto cointestato. Se l’accordo rimane tra le parti, quindi si parla di un accordo verbale e l’AdE non ne è a conoscenza, allora ha il diritto di poter pignorare il 50% del conto.

Altro esempio è quello in cui, il debito si forma con la stessa banca in cui è depositato il conto, ma per natura diversa come ad esempio la creazione di un mutuo/prestito a titolo personale. Anche in questo caso, la banca può recuperare il proprio credito nei confronti del debitore attingendo al conto cointestato, ma sempre attingendo alla regola del 50%.

La regola della solidarietà passiva

Un’altra fattispecie che si può presentare è quella della creazione del debito a partire proprio dal conto cointestato. Riportando un altro esempio; due soci hanno conto cointestato con apertura di credito a firma disgiunta. Uno dei due soci porta il conto in rosso, contro chi potrà valersi la banca?

Entra in gioco, in questo caso, la regola della solidarietà passiva, per cui l’Istituto di Credito potrà avvalersi per la restituzione del debito tanto richiedendolo a chi ha contratto il debito, sia all’altro soggetto cointestatario del conto. In questo caso, il soggetto non debitore potrà al massimo rivalersi sull’altra persona in sede separata.

Anna Peluso

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