Si fa tanto parlare delle comunità energetiche rinnovabili e degli aspetti positivi e guadagni che derivano dal farne parte, ma quanto costa entrarci? Scopriamolo.
Le comunità energetiche rinnovabili sono state introdotte dalla Direttiva Europea RED II, il cui funzionamento è stato disciplinato in Italia dal Decreto Milleproroghe 162 del 2019; ma a tutti gli effetti cosa sono? Le comunità energetiche rinnovabili rappresentano l’associazione, l’unione di una comunità di cittadini, attività commerciali ed enti pubblici locali che mettono insieme le loro forze per produrre, scambiare e consumare energia da fonti rinnovabili.
L’idea principale è quella di portare ad un maggiore coinvolgimento oltre che consapevolezza del cittadino sulla produzione di energia, per evitarne gli sprechi anche economici. Ma soprattutto si decentralizza la produzione rendendo il nostro Paese sempre meno dipendente dalle materie prime estere. I dati in Italia parlando di una realtà in continua crescita; sono 85 i gruppi totali divisi in 61 comunità di autoconsumo e 24 comunità energetiche in senso stretto, ma altre ne stanno nascendo.
I vantaggi si possono intuire da quanto detto prima, ma nel concreto -trattandosi di comunità senza scopi di lucro- più che guadagno economico si parla di risparmio in bolletta, e quello sì può essere davvero consistente. Per arrivarci però bisogna fare un investimento e, quindi, la vera domanda sarebbe: quanto costa creare una comunità energetica rinnovabile?
Partiamo dall’assunto fondamentale che non è possibile dare una cifra univoca precisa per la realizzazione di una comunità energetica. L’investimento iniziale è determinato da una serie di fattori; ogni associazione ha un proprio regolamento che non sempre prevede quella che potremmo definire una tassa di iscrizione o di ingresso. Altre comunità private che producono molta energia possono invece richiederla, e il più delle volte equivale ad un notevole ROI.
Ci sono altre comunità poi, particolarmente sostenute dall’UE, che sono pubbliche e gratuite per cui la partecipazione a queste non prevede di sborsare un euro e nascono con il solo intento di supportare le comunità locali ed evitare la povertà energetica.
Più in generale, c’è da dire che l’investimento iniziale dipende da fattori come il tipo di comunità in cui si entra a far parte, al tipo di energia rinnovabile produce e di conseguenza quali sono gli impianti necessari da installare per la sua produzione. E sono questi in effetti che possono rappresentare il costo più alto. Investimenti comunque che rientrano nel lungo periodo, risparmiando in bolletta.
Al fine di valorizzare promuovere le Cer, lo scorso anno il Ministero dell’Ambiente ha fissato una serie di parametri e range che permettono di accedere ad incentivi e bonus proprio per permettere l’avvio e la nascita di quante più comunità energetiche possibili.
Lo stanziamento a fondo Pnrr è stato di 2 miliardi e 200 milioni a fondo perduto con la creazione di fasce di accesso che dipendono dalla potenza degli impianti.
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