Arriva l’aggiornamento dalla Corte di Cassazione su come difendersi dal redditometro. Ecco tutte le opzioni per evitare i controlli.
La Corte di Cassazione ha ufficialmente fornito le indicazioni per difendersi dal redditometro. Se si avvia un accertamento, l’interessato potrà dimostrare che il reddito presunto sulla base dei coefficienti utilizzati non esiste, o anche che esiste ma in misura minore. Ecco cosa ha spiegato l’Ordinanza n. 31844/2023.
Se l’Agenzia delle Entrate decide di effettuare controlli basandosi sul redditometro (e sulla disponibilità di certi servizi e beni oltre a quello), il contribuente può quindi ora fornire prova contraria. Questa non si limita a dimostrare che il maggior reddito sia giustificato da redditi esenti o soggetti a ritenute alla fonte, però. Bisogna dimostrare che tutto il reddito presunto è completamente inesistente, o al massimo esistente ma in misura minore.
Il giudice, una volta accertata l’effettività fattuale di questi elementi, non ha il potere di privarli del loro valore dal contribuente. Può, però, valutare la validità delle prove contrarie portate dal contribuente. Questo è il risultato dell’ordinanza della Corte di Cassazione.
I giudici della corte suprema si sono basati su un caso specifico dove un contribuente ha impugnato l’avviso di accertamento. L’avviso si basava sul redditometro e indicava una serie di beni come rappresentativi di maggior reddito. Il ricorso è stato respinto dai giudici della CTP, ma la CTR ha cambiato idea, accogliendo parzialmente l’appello. Secondo la CTR, infatti, avere beni mobili registrati non indica necessariamente maggiore capacità contributiva. L’Agenzia delle Entrate ha quindi fatto ricorso in Cassazione per violazione e falsa applicazione dell’articolo 39 del DRP n. 600. L’argomentazione era che in presenza di servizi e beni rientrano in specifiche tabelle, l’attività deve essere vincolata all’applicazione di indici e coefficienti moltiplicatori opportuni.
Questo viene definita come presunzione legale relativa, e vuole che una volta accertata l’esistenza della circostanza sta al contribuente provare l’inesistente capacità reddituale. Il giudice, inoltre, non ha potere di modificare la capacità presuntiva contributiva: il redditometro deve ricollegarsi al reddito complessivo, non a una singola spesa. Quindi la CTR avrebbe sbagliato rendendo il calcolo del redditometro meno efficace..
L’obiezione dell’Agenzia delle Entrate è stata accolta dalla Corte di Cassazione. Il redditometro si basa su tutti i beni e i servizi usando specifici criteri presuntivi e statistici. Resta, però, la possibilità di portare la prova contraria, se questa dimostra che i redditi in questione sono esenti, soggetti a ritenuta alla fonte o semplicemente inesistenti o esistenti in misura inferiore. Quindi, in caso di esistenza delle prove necessarie, il contribuente può ora impugnare l’accertamento e dimostrare che sia tutto a posto.
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