L’Italia ha una delle percentuali più alte di NEET. Scopriamo cosa significa e alcune possibili strade per risolvere il problema
Di solito alla domanda: “Che cosa vuoi fare da grande?” andiamo sempre un po’ tutti in crisi. Innanzitutto, nessuno sa quando si diventa davvero grandi, in secondo luogo è una domanda da un milione di dollari perché, molto spesso, è complicato capire quale sia la propria inclinazione professionale.
Il termine NEET sta per Neither in Employment nor in Education or Training ed è un acronimo che indica tutti quei giovani che non hanno ancora trovato risposta a questa fatidica domanda, e che quindi non studiano né lavorano.
Si tratta di ragazzi e ragazze in età compresa tra i 15 e i 29 anni e si tratta di una vera e propria emergenza sociale. Soprattutto se pensiamo che questo fenomeno intacca principalmente le donne rispetto agli uomini.
Le statistiche Eurostat del 2022 riportano un quadro abbastanza allarmante per quanto riguarda la situazione italiana in merito ai NEET, pare che in totale nella nostra penisola 1,67 milioni di giovani, quindi 1 su 5, tra i 15 e i 29 anni appartengano alla categoria NEET. Si tratta di giovani che non studiano, non lavorano e non stanno seguendo percorsi professionalizzanti o di formazione (come uno stage).
Questo fa salire l’Italia tra i primi posti della classifica europea basata sulla percentuale di NEET sul territorio: contiamo un 19% che supera di 8 punti percentuali la media europea che è dell’11%. L’obiettivo dell’Italia è far calare questo numero entro il 2030, raggiungendo il gradino del 9%.
La maggior parte dei NEET presenti sul territorio italiano hanno dai 25 ai 29 anni e sono per lo più ragazze: il 30% delle donne comprese in questa fascia di età non studia e non lavora.
Fare parte della categoria NEET non fa di queste persone delle fallite, e tantomeno dimostra che abbiano poca voglia di fare. Il problema sociale è di portata più ampia e va oltre il livello individuale.
Bisogna cercare una risposta a livello di formazione e di offerte di lavoro, e approfondire quelli che sono stati i danni della pandemia sul benessere psicologico delle persone, solo così si potrà andare oltre a una risposta semplicistica al problema e si potranno finalmente trovare delle soluzioni efficaci.
Approfondiamo uno per uno i possibili motivi che possono trasformare un giovane o una giovane in un/una NEET.
La scuola non dovrebbe essere solo il luogo in cui si prendono voti e diplomi, ma un palestra per metterci in gioco e capire quali sono le nostre attitudini, in cosa siamo più bravi, quali materie ci interessano di più.
Questo dovrebbe valere soprattutto per gli anni del liceo o per quelli universitari, dove si comincia a pensare in modo più concreto a possibili sbocchi lavorativi post diploma o post laurea. Se non accompagnati a dovere verso il mondo del lavoro, i giovani potrebbero perdersi e non avere più un obiettivo da perseguire.
Molte donne tra i 25 e i 29 anni non cercano un lavoro né studiano per potersi dedicare a crescere i figli. Si tratta di un’ideale radicato a livello culturale, che vincola la figura della donna a quella della madre.
Ecco, quindi, che giovani donne rinunciano agli studi o alla carriera per diventare delle “donne di casa” come è “giusto che sia”, mentre i rispettivi compagni vanno avanti con i loro progetti e le loro ambizioni come se nulla fosse.
Questo è un tasto dolente difficile da disinnescare, ma su cui la società dovrebbe riflettere e intervenire, a partire dai datori di lavoro che si dimostrano spesso propensi a lasciare a casa, o comunque ostacolare, la carriera delle donne proprio a causa della prospettiva di una possibile maternità.
Non bisogna sottovalutare la portata delle conseguenze che la pandemia ha avuto a livello psicologico su molti giovani, che all’epoca dell’inizio del lockdown stavano studiando o vivendo la loro prima esperienza lavorativa.
Il lockdown ha sicuramente interferito con il loro percorso, portandoli a smarrirsi e cadere nell’oblio del: “Non so più che direzione prendere”.
L’atteggiamento più sbagliato che si può avere nei confronti del problema NEET è far sentire sotto accusa chi lo è diventato. Non è puntando il dito contro qualcuno se si riesce a coinvolgerlo nuovamente in una società che lo ha messo da parte, ecco perché bisogna optare per delle strategie differenti e sicuramente più efficaci.
La Commissione Europea ha deciso di mobilitarsi per risolvere questo problema, che spesso si traduce in un aumento dell’esclusione sociale e in comportamenti antisociali da parte dei NEET.
I piani di intervento si basano su alcuni principi fondamentali:
Vogliamo concludere questo articolo con una frase di Einstein che può aiutarci a capire meglio i NEET:
“Ognuno di noi è un genio. Ma se si giudica un pesce dalla sua abilità di arrampicarsi sugli alberi, lui passerà tutta la sua vita a credersi stupido.”
Spesso i NEET non sono altro che pesci a cui è sempre stato chiesto di arrampicarsi sugli alberi invece che di nuotare in mare: basta solo cambiare il loro habitat per ottenere risultati sorprendenti.
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