Cambiano le tecnologie e cambiano anche i mezzi di comunicazione lavorativi, ma che valore hanno i messaggi di lavoro mandati su WhatsApp? Ecco cosa dice la legge.
C’erano una volta le raccomandate a cui si sono sostituite le email fino ad arrivare alla forma, a volte fin troppo estrema, del lavoro smart per cui le comunicazioni anche quelle più istituzionali passano per le applicazioni di messaggistica istantanea.
È il caso di WhatsApp che non solo è diventata l’app di messaggistica più utilizzata al mondo a livello personale, ma ormai la chicca di casa Meta sta prendendo piede anche in ambito lavorativo; primo con il piano business e poi con le chat di gruppo, ampiamente sdoganate ormai anche in ambito lavorativo e attraverso le quali arrivano comunicazioni più o meno informali.
Se da un lato l’utilizzo di WhatsApp ha il grande pregio di velocizzare le comunicazioni, arrivando davvero a tutti, dall’altro ha creato anche qualche piccolo problema. Intanto la possibilità di essere rintracciati in qualsiasi momento ha reso di fatto necessario la creazione del diritto alla disconnessione -per cui in determinati orari il datore di lavoro non può contattare i dipendenti- dall’altro ha anche imposto una valutazione sulla validità legale dei messaggi lavorativi che viaggiano tramite l’applicazione. Che validità legale hanno, se mai ce l’hanno, le comunicazioni lavorative che passano attraverso WhatsApp?
Il dubbio è sorto a seguito del caso che ha visto coinvolto un gruppo di lavoratori di un’azienda della grande distribuzione di elettronica che sono stati licenziati tutti insieme tramite messaggio WhatsApp di gruppo, il tutto durante l’orario di lavoro. Il punto centrale della questione, può un semplice messaggio come questo valere come comunicazione ufficiale di licenziamento?
WhatsApp ormai è utilizzata in ambito lavorativo proprio al pari di email, fax e raccomandate; pensiamo anche solo al fatto che un dipendente può comunicare attraverso l’app di Meta anche il codice di certificato medico per malattia, quindi non parliamo propriamente della comunicazione di un ritardo. Diventa però indispensabile imparare ad usare con professionalità questo strumento, così come tutti gli altri, onde evitare di incappare in sanzioni disciplinari se non problemi legali più importanti.
Sulle chat di gruppo lavorative ci si scambia qualsiasi tipo di informazione; si passa dalle comunicazioni alle lamentele e, come abbiamo visto pocanzi, anche per i licenziamenti. Ma che valore legalo hanno questi messaggi? Diverse sentenze hanno riconosciuto i messaggi di istantanei come delle vere e proprie prove documentali. Già nel 2017, per esempio, una sentenza del del Tribunale di Catania aveva stabilito che il datore di lavoro intimando ad un dipendente il licenziamento tramite messaggio WhatsApp avesse assolto l’onere della forma scritta così come dall’art. 2 della legge 604/96.
Questo perché tramite applicazioni del genere è possibile identificare con esattezza sia il mittente che il destinatario, ma anche perché il messaggio fornisce chiare indicazioni di invio, ricezione e lettura.
Attenzione però perché la legge prevede procedure differenti nel caso di licenziamento individuale e collettivo, per questo motivo non sempre è possibile far valere come valido un messaggio WhatsApp questo perché nei licenziamenti collettivi la legge prevede una comunicazione preventiva ai sindacati, oltre all’individuazione preliminare delle categorie di lavoratori da licenziare.
Diventando i messaggi WhatsApp una parte documentale utilizzabile legalmente, diventa indispensabile regolamentare l’utilizzo dell’Applicazione in ambito lavorativo. Non c’è una disciplina giurisprudenziale in questo senso, per cui il modo migliore per capire e definire l’utilizzo di WhatsApp per lavoro è quello di redigere un regolamento interno alle aziende.
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