Ci sono alcuni settori lavorativi particolarmente delicati per cui nelle ore più calde del giorno il lavoratore può rifiutarsi di lavorare.
Rifiutarsi di lavorare è generalmente una più che buona motivazione che permette al datore di lavoro di licenziare un dipendente per giusta causa, eppure ci sono casi in cui il lavoratore ha diritto di rifiutarsi a svolgere le consuete mansioni.
Succede in estate quando il caldo rovente si abbatte sulle strade e rende davvero impossibile anche solo riuscire a pensare di uscire fuori casa. Cosa fare, quindi, quando le temperature si aggirano intorno a 40°, ci si può davvero rifiutare di lavorare? Parlare di veri e propri diritti in questo caso non è del tutto corretto, perché non si parlare di regola universalmente riconosciuta in quanto sono attutate normative di questo tipo solo in 9 regioni italiane. Nello specifico parliamo di Calabria, Basilicata, Abruzzo, Lazio, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia e Toscana; qui nelle settimane scorse sono entrate in vigore delle ordinanze che vietano particolari tipologie di lavoro in un orario compreso tra le 12:30 e le 16:00 e che saranno in vigore fino al 31 agosto prossimo. Anche l’Umbria si aggiunge alla lista ma non si tratta di una vera ordinanza ma piuttosto di una raccomandazione ai datori di lavoro.
Il punto, purtroppo, è che molto raramente queste ordinanze sono rispettate; tempi di consegna stretti ma anche poca manodopera e caporalato prevalgono e si finisce di mettere a repentaglio la salute dei lavoratori. Quali tutele hanno quindi i lavoratori?
Per capire le tutele dei lavoratori dobbiamo intanto capire a quali settori queste ordinanze sono applicate. È facilmente intuibile che la sospensione del lavoro nelle ore più calde riguardi soprattutto quei lavori che si svolgono all’aperto, parliamo quindi: lavori edili, impiantistica, lavoro nei campi ma anche florovivaisti. In alcuni casi, come il Molise, le ordinanze sono estete anche a lavori nei cantieri stradali e cave.
Nelle regioni in cui ci sono le ordinanze, qualora il datore di lavoro non le rispetti, i lavoratori hanno diritto ad opporsi e quindi a rifiutarsi di svolgere le proprie mansioni negli orari sopra indicati. Un’opposizione che, tra l’altro, non può essere “punita” con nessuna azione disciplinare né tanto meno con il licenziamento e in questo senso sono diverse le sentenze della Cassazione Civile che danno ragione ai lavoratori.
E per tutti gli altri lavoratori, quelli cioè che non si trovano in queste fatidiche 9 regioni? La verità è che in questi casi non esistono tutele perché non ci sono leggi che obbligano i datori di lavoro a rispettare determinati standard.
In casi estremi la violazione alle ordinanze è punita con un’ammenda e l’arresto fino a 3 mesi nei confronti del datore di lavoro che non ha rispettato le prescrizioni normative. Datori di lavoro che possono ovviare al problema attivando la cassa integrazione per “evento non oggettivamente evitabile” o far svolgere ai dipendenti in queste ore altre mansioni complementari o ausiliari ma che ovviamente non comportino lo stare sotto il sole cocente di metà giornata.
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