Il peso dei contributi per la pensione sulla retribuzione in busta paga. Vediamo quali sono le regole di questo calcolo.
Come noto a tutti i lavoratori, insieme al datore di lavoro, versano una parte della retribuzione che spetta loro alle casse INPS per i contributi in vista della pensione. Si tratta di un investimento per il proprio futuro a tutti gli effetti, anche se non sempre appare molto vantaggioso con le regole attuali del calcolo pensionistico. Ma a quanto ammontano questi contributi? Riuscire a fare una stima del loro peso sullo stipendio non è semplice.
Di certo si può dire che senza contributi la busta paga avrebbe una consistenza maggiore. Una parte dei contributi del lavoratore, come accennato, è versata direttamente dal datore di lavoro e non compare nemmeno in busta paga. Complessivamente la legge indica che il dipendente versi circa un terzo dei contributi dovuti all’INPS per la previdenza (presenti in busta paga) e i restanti due terzi siano a carico del datore di lavoro.
I contributi IVS (invalidità, vecchiaia, superstiti) che si versano all’INPS ai fini della pensione sono circa il 33 per cento delle retribuzioni. Di questa percentuale il 9,19 per cento sono a carico diretto del lavoratore e tolto dalla busta paga. Il restante 23,81 per cento è a carico del datore di lavoro e non compare in busta paga.
Questi contributi insieme a quelli trattenuti in busta paga devono essere versati dall’azienda entro il sedicesimo giorno del mese successivo a quello in cui si svolge la prestazione lavorativa del dipendente. Se i contributi non fossero versati e andassero direttamente in busta paga, il dipendente guadagnerebbe in media il 33 per cento in più.
Uno stipendio lordo pari a 1.000 euro, arriverebbe a circa 1.330 euro con un aumento mensile di 330 euro, che corrisponde a 4290 euro all’anno (calcolando 13 mensilità). Con 1.400 euro lordi, senza contributi salirebbe a 1.862 euro al mese, con un incremento mensile di 462, circa 6.006 euro in più all’anno. Con 2.600 euro lordi, lo stipendio netto giungerebbe a 3.458 euro, che sono 858 euro in più al mese e 11.154 all’anno.
Come si vede si tratterebbe di incrementi notevoli in busta paga, che dopo una carriera lavorativa ammonterebbero a cifre considerevoli. Il problema è che senza un investimento alternativo, non si avrebbe la pensione. Senza considerare che non tutti posseggono le adeguate conoscenze finanziarie per un investimento sicuro che consenta una rendita per sé e per i superstiti eventuali.
In effetti, l’attuale calcolo pensionistico, basato sul sistema contributivo, appare sfavorevole ai lavoratori con cifre che non raggiungono quasi mai il livello delle retribuzioni avute. Il rischio è un inevitabile taglio del tenore di vita per il pensionato. Bisogna poi considerare che il sistema attuale è basato sui versamenti dei contributi dei lavoratori necessari per pagare la pensione di quanti hanno già concluso la vita lavorativa.
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