Bonus in busta paga, i contributi che potrebbero saltare e quelli cha vanno la riconferma. Il punto della situazione.
Ormai è certo che il nuovo Patto di stabilità e le ristrettezze in bilancio, renderanno ardua la strada per diversi contributi fin qui erogati dalle casse statali. La prossima manovra economica non potrà concedere molto alle spese, come annunciato dallo stesso ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti.
I vincoli di bilancio saranno più stretti e le forze di governo si stanno già confrontando sulle materie da considerare prioritarie e non saranno tagliate nei prossimi mesi. Molte misure e contributi sono riconosciuti direttamente in busta paga. Per esempio i vari sgravi contributivi erogati fin qui, ma anche in questo caso attendono una conferma, in considerazione del peso che hanno nei conti dello Stato.
Tra le misure che hanno dato un sostegno alle buste paga di molti dipendenti ci sono senza dubbio gli sgravi contributivi, riconosciuti già nello stipendio. Ad essere coinvolti i redditi fino ai 35mila euro lordi all’anno. Gli sgravi sono stati erogati in base al reddito annuo del dipendente. Consentendo in alcuni casi fino a 100 euro in più a fine mese nello stipendio.
Con questa prestazione la parte di contributi da versare all’INPS a carico del dipendente viene alleggerita, mentre la parte a carico del datore di lavoro resta invariata. Prima dello sgravio i contributi dei lavoratori del settore privato ammontavano al 9,19 per cento, mentre per i lavoratori del comparto pubblico i contributi erano dell’8,80 per cento.
Per fare un esempio in caso di stipendio mensile pari a 1.500 euro, la quota di contributi è pari a 137,85 euro, rimborsati dallo Stato per consentire comunque il funzionamento delle pensioni. Con lo sgravio contributivo c’è stato un deciso taglio dei contributi da versare in base al reddito percepito. Per i dipendenti che guadagnano fino 1.923 lordi al mese, la percentuale da versare è diminuita fino all’1,80 per cento nel settore pubblico e del 2,19 nel comparto privato.
Per le buste paga fino 2.692 euro mensili lordi l’aliquota è calata al 2,80 per cento nel settore pubblico e del 3,19 per cento per i dipendenti del comparto privato. Questa diminuzione resta valida per tutto il 2024. Sembra che il governo sia intenzionato a confermare questa misura che d’altra parte costa allo Stato circa 10 miliardi di euro. Denaro che occorre considerare senza però creare ulteriore deficit.
Secondo Giorgetti le risorse per il taglio contributivo non saranno messe in discussione dall’aumento delle spese militari previsto per il 2025. Queste saranno gestite nelle deroghe. Altra misura da valutare è il taglio degli scaglioni IRPEF con l’accorpamento di due fasce al 23 per cento. I risultati in termini di incrementi degli stipendi è stato meno incisivo, con un aumento complessivo di 160 euro all’anno. Altra misura in attesa di rinnovo è il cosiddetto bonus mamma, ulteriore sgravio contributivo per le lavoratrici con almeno due figli.
L’entità e la durata dello sgravio dipende dall’età e dal numero dei figli. Per le lavoratrici con almeno due figli di cui uno sotto i 10 anni, la misura si conclude nel 2024. Per le lavoratrici con 3 figli, di cui uno minorenne, la misura è valida fino a fine 2026. La prestazioni prevede lo sgravio contributivo IVS al 100 per cento, entro i 3mila euro all’anno (circa 250 euro al mese).
Al momento secondo i dati INPS, poco più della metà delle aventi diritto ha presentato domanda all’INPS, per questa misura. Ma non è da escludere che sia rinnovata anche per le lavoratrici con due figli, anche se si attendono delle conferme in merito.
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