Se l’azienda improvvisamente ti impone il trasferimento in un’altra sede e ti rifiuti, puoi avere la NASPI in caso di uscita? Scopri come funziona
Avere un lavoro è fondamentale per avere un’indipendenza degna e realizzare, man mano, tutti i propri sogni. Se questa occupazione poi è vicino casa, così da raggiungerla magari anche a piedi o al massimo con l’auto ma impiegandoci davvero poco, ancora meglio. Per non parlare poi se ci fossero degli orari piuttosto flessibili, non occupando tutte le mattinate per esempio o permettendo in generale di godersi, per quanto possibile, anche un po’ di vita settimanale e relax.
Lavorare è necessario e pur di farlo, almeno allo stato iniziale in attesa di un successivo miglioramento, va bene qualsiasi cosa. Ma se poi lo scenario è anche piuttosto confortevole, pure con una buona paga, il quadro è perfetto e bisogna tenerselo stretto. Lavorare per vivere e non vivere per lavorare, recita un vecchio motto dalla grande saggezza: il lavoro nobilita l’uomo – ne suggerisce un altro – ma bisogna avere tempo e spazio anche per godere se stessi, amici e persone che si amano e non lavorare ininterrottamente per non ritrovarsi nulla.
Il problema, però, pure quando si ha un equilibrio tutto sommato soddisfacente, subentra spesso quando l’azienda di apparenza impone o quasi, per un motivo o per un altro, un trasferimento. A quel punto si perde la comfort zone e lo scenario cambia nettamente: anche al costo di una paga leggermente più alta, potrebbe non valerne la pena considerando il carburante per raggiungere il posto di lavoro, il traffico che allungherebbe la permanenza fuori casa e tutti i vantaggio che andrebbero via rivoluzionando in questa maniera.
Non è un mistero che tali spostamenti sono spesso motivo di discordia tra dipendente e datore di lavoro, portando a un braccio di ferro per il quale chi è spostato si tutela in tutte le sedi opportune chiamando anche un avvocato spesso e volentieri. L’alternativa sarebbe andar via, ma a che prezzo? Ritrovandosi improvvisamente disoccupato e senza un’immediata alternativa sullo sfondo? Non propriamente, considerando che in alcuni casi è possibile ottenere la NASPI per una tale circostanza.
L’assegno di disoccupazione, in caso di uscita, andrebbe il 75% di stipendio per due anni con calo della percentuale man mano che ci si avvicina alla data ultima. Tempo comunque necessario per godersi un po’ di relax dopo un periodo di duro lavoro e poi rimettersi subito in cerca di un nuovo impiego così da accantonare anche in corso la NASPI ma tornare a contare solo su se stessi e le proprie forze. La NASPI spetta tendenzialmente in caso di licenziamento, salvo alcune eccezioni come quello dei trasferimenti.
Tuttavia bisogna far attenzione ai dettagli dello spostamento: questo deve essere distante oltre i 50 chilometri rispetto alla propria residenza e raggiungibile coi mezzi pubblici in oltre 80 minuti. Se confermate tali circostanze, scatterebbe il licenziamento per motivo giustificato oggettivo che permetterebbe al lavoratore uscente, appunto, di ottenere la nuova assicurazione sociale per l’impiego. Una minima amara consolazione, che permetterebbe quanto meno al dipendente di essere tutelato economicamente e non essere costretto a rinunciare proprio a tutto.
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