Tutta la procedura da seguire per l’atto di accettazione dell’eredità: dal momento dell’apertura del testamento fino alle ultime firme necessarie.
L’accettazione dell’eredità è lo strumento attraverso il quale soggetto chiamato all’eredità ne acquista il diritto assumendo la qualità di erede.
Al momento dell’apertura della successione si verifica quella che, in ambito giuridico, si definisce la fase della delazione, cioè quel momento in cui i successori testamentari (quelli nominati nel testamento) e legittimari (quelli che per legge hanno diritto all’eredità) assumono la qualifica di eredi, acquisendo anche il diritto ad accettarla. Diritto questo che deve seguire un iter ben preciso e che è definito dall’art. 459 del Codice Civile italiano. Il primo punto da sapere sull’accettazione dell’eredità è che, dal momento in cui è manifestata, essa retroagisce producendo i suoi effetti dal momento dell’apertura testamentaria.
Con l’accettazione, il nominato testamentario dà luogo ad un atto giuridico che lo qualifica a tutti gli effetti come erede. Assumendo questo ruolo, di conseguenza, subentra alla titolarità dell’asse ereditario e dei rapporti ad esso inerenti. Da questo momento l’erede non ha facoltà di preferire determinate posizioni per escluderne altre: non può, per esempio, accettare i beni immobili e negare le eventuali pendenze ad essi legate.
Il nostro ordinamento, infatti, un’accettazione parziale, condizionata o a termine dell’eredità; l’unica alternativa è la rinuncia all’eredità che però è totale. Inoltre l’atto di accettazione è irrevocabile ed irripetibile, da compiersi entro i 10 anni dall’apertura della successione o, in assenza di testamento, dalla morte del titolare dei beni.
L’atto dell’accettazione, semplificando, può essere suddiviso in: accettazione espressa, tacita e con beneficio di inventario. Nel primo caso, anche andando molto ad intuito, il soggetto ereditario manifesta espressamente la sua volontà di accettare l’eredità; l’art. 475 del c.c. ammette l’accettazione espressa quando il soggetto dichiara di accettarla attraverso un atto pubblico o una scrittura privata. È quindi necessario che l’accettazione sia redatta per iscritto, costituendo un atto unilaterale che non ha bisogno di essere comunicato a soggetti terzi.
L’accettazione tacita, invece, si verifica quando l’erede compie delle azioni che inevitabilmente determinano la sua volontà di accettare l’eredità. Semplificando ancora, è un’accettazione che si deduce dal comportamento messo in atto dall’erede e non da una dichiarazione scritta.
Rispetto a quanto detto fino ad ora, l’unica eccezione prevista dal nostro ordinamento giuridico riguarda l’accettazione con beneficio di inventario, per il quale l’art. 485 c.c. stabilisce che il chiamato erede deve presentare la propria dichiarazione entro tre mesi dalla redazione di inventario che, a sua volta, deve essere compilata entro 3 mesi dall’apertura della successione.
La differenza tra i diversi atti di accettazione non sta solo nelle modalità, ma anche e soprattutto nella sostanza: nel caso di accettazione con beneficio di inventario il patrimonio ereditario e quello personale restano ben distinti e non si confondono. Questo vuol dire che, accettando l’eredità con beneficio di inventario, il soggetto erede limita le proprie responsabilità per le eventuali passività (debiti, ndr) del defunto senza dover intaccare il proprio patrimonio personale.
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