Assegno di inclusione e lavoro a nero, nuova caccia ai furbetti dopo le vicende note per il reddito di cittadinanza: ecco cosa rischia chi ci proverà in questa nuova volata
Reddito di cittadinanza e lavoro a nero: sono stati in migliaia i furbetti beccati nel corso degli ultimi anni in Italia. Questi non solo non hanno più usufruito della misura di sostegno una volta individuati ma sono stati chiamati a restituire tutta la somma intascata indebitamente e con problemi con la legge italiana. L’obiettivo di questi individui era semplice: fare richiesta per il sostegno economico, ottenerlo, e nel frattempo lavorare o continuare a farlo senza contratto così da intascare sia i soldi dello Stato che quelli di un lavoro però non inquadrato.
Risultato: una cifra a fine mese molto più alta anche di chi aveva un lavoro normale e non versava in condizioni di difficoltà. Una situazione che ha riguardato soprattutto lavoratori manuali, come gli operai edili o simili, per uno scenario che ha portato, tra gli altri motivi, alla fine ad accantonare l’RdC lo scorso 31 dicembre introducendo al suo posto l’assegno di inclusione. Fermo restando che per quest’ultimo il cerchio è decisamente più ristretto, con le famiglie con appena minori, disabili o anziani in una condizioni economica che possono richiederlo, l’obiettivo è lo stesso: dare il contributo solo a chi davvero ne necessita. Senza rischiare di dirottare aiuti e chi non vi rientra.
Assegno di inclusione lavorando a nero: cosa si rischia per legge
La premessa, innanzitutto, è che si può avere l’assegno di inclusione se al contempo si lavora. E’ possibile, però, solo se la cifra guadagna non eccede i 3.000€ lordi. Quindi se si tratta di una collaborazione occasionale, a chiamata, nulla di fisso o continuativo. E a prescindere andrà sempre comunicato all’INPS per evitare equivoci o brutte sorprese. Senza comunicazioni, infatti, pur trattandosi di cifre minime, l’istituto nazionale della previdenza sociale provvederebbe alla sospensione immediata del sostegno. Vale lo stesso nel caso in cui si avvia un’attività autonoma mentre si percepisce il sostegno governativo.
Ma cosa succede invece a chi eventualmente dovesse provare a intascare i soldi dell’INPS e al contempo lavora a nero? Scatterebbe, come negli anni precedenti, l’obbligo della restituzione di tutte le somme percepite fino al quel momento oltre che allo stop con effetto immediato e sanzioni di tipo penale a cui sarebbero chiamati a rispondere tramite un avvocato. Insomma: un inferno. Perché i controlli per l’ADI non terminano in sede di presentazione della domanda, piuttosto vanno potenzialmente avanti e successivamente potrebbero esserci verifiche o controlli sui soggetti al fine salvaguardare gli interessi dei soldi pubblici e di chi realmente ne ha bisogno.