Assegno di Inclusione, le domande non accolte per motivazione che lascia senza parole. Cosa succede ad alcuni richiedenti.
L’Assegno di Inclusione (ADI) è ormai in funzione da diversi mesi e le domande accolte sono centinaia di migliaia. Le famiglie beneficiarie sono quelle con componenti fragili, cioè disabili, minori sotto i 18 anni, anziani con almeno 60 anni e soggetti in condizioni di svantaggio, cioè prese in carico dai servizi sociali e affidati a programmi certificati di reinserimento sociale. Le famiglie richiedenti sono tenute a sottoscrivere il cosiddetto PAD (Patto di attivazione digitale) sulla piattaforma SIISL gestita dall’INPS.
Dopodiché devono partecipare, se tenuti, alle politiche attive per il reinserimento sociale e lavorativo, rispondendo alla convocazione dei Centri per l’Impiego o dei servizi sociali. Le condizioni e requisiti per l’ottenimento del contributo, che si accompagna alla riattivazione lavorativa a sociale, spetta all’INPS. Situazione diversa invece per i soggetti in condizione di svantaggio. In questo caso sono le ASL a confermare le certificazioni e le condizioni di svantaggio. Ma proprio qui nascono dei problemi.
Assegno di inclusione, problemi per i soggetti in condizioni di svantaggio
Che l’attuazione delle verifica sulle condizioni di svantaggio fosse rallentata, lo dimostra una recente informativa INPS rivolta alle ASL e agli uffici preposti ai controlli. L’INPS infatti ha messo a disposizione un portale, nel quale le Pubbliche Amministrazioni incaricate possono validare le dichiarazioni presenti nelle domande di ADI. Le dichiarazioni cioè dove il richiedente si autocertifica in possesso dei certificati degli enti o strutture pubbliche che lo hanno in cura.
Quindi sta alle ASL e ai Comuni confermare le condizioni di svantaggio così da on bloccare le richieste e le erogazioni del contributo. Purtroppo le indicazioni dell’INPS non sono sufficienti e si registrano casi di domande respinte proprio per assenza di beneficiari in condizioni di svantaggio. Ma questa assenza non dipende dalla mancanza effettiva dei requisiti richiesti, ma dall’assenza delle verifiche di ASL e servizi comunali.
Si sono verificate casi nei quali il rigetto della domanda non dipende dalla mancanza dei requisiti di svantaggio, ma per l’assenza di organismi preposti alla fase di controllo delle autocertificazioni di svantaggio. Si tratta di una vera e propria beffa per quanti pur trovandosi in condizioni conclamate di svantaggio, con tanto di certificazioni, non ricevono quanto loro spettante per carenze di personale.
Per l’INPS si tratta di assenza di beneficiari dello svantaggio, ma in realtà a mancare è il personale che dovrebbe convalidare le autodichiarazioni dei richiedenti. I ritardi e gli esiti negativi per motivazioni simili sono diversi, gli ultimi casi in Puglia, dove la situazione è particolarmente complicata e le situazioni del genere diverse.