I futili motivi possono dare seguito al licenziamento: di quali casi si tratta e cosa sapere a riguardo. La guida completa
Quando si parla di licenziamento non è mai cosa positiva. Come è risaputo questo può essere decretato in seguito a motivi gravi e importanti che portano il datore di lavoro alla decisione di terminare il rapporto di lavoro.
Come si stabilisce per legge deve sopraggiungere una giusta causa (che si può riscontrare in un comportamento grave di un dipendente) o quando ci sono delle ragioni oggettive, come quelle di carattere economico che costringono il datore di lavoro a fare dei tagli.
Ma questo non è tutto. Va detto, infatti, che in alcuni casi, consentiti dalla legge, sono ammessi anche dei futili motivi per attivare le procedure di licenziamento. Vediamo quando questo può accadere.
Il licenziamento per futili motivi è stato stabilito da una sentenza della Corte di Cassazione del 2017. È questa che fa “scuola” nello stabilire quando un motivo non ritenuto grave può bastare per interrompere anticipatamente il rapporto di lavoro.
Si tratta di quelle ragioni che non possono essere identificate né come giusta causa (intesa come ha specificato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 11516 del 2003 come l’inadempimento così grave che qualsiasi altra sanzione è insufficiente a tutelare l’interesse del datore di lavoro) né tantomeno come motivi oggettivi, come ad esempio il calo produttivo di un reparto, che spingono il datore di lavoro a procedere con il licenziamento.
In questo caso si parla di giustificato motivo oggettivo come stabilito dall’articolo 3 della legge 604 del 1996. Ci sono poi altre situazioni in cui la fine anticipata del contratto può arrivare per essenze o per scarso rendimento. Escluse questo tipo di motivazioni, arrivano quelle che rientrano nei futili motivi che è bene conoscere per evitare di incappare in situazioni che mettono il lavoratore in bilico fino a rischiare di perdere il lavoro.
Tra i futili motivi per cui può scattare il licenziamento rientrano comportamenti che letti a primo impatto non inducono a pensare che siano tali da portare alla cessazione del contratto. Eppure, se questi sono recidivi come stabilito dalla Cassazione con la sentenza n. 2007 del 2017, diventano una giusta causa per il licenziamento.
Si tratta del ritardo sul lavoro, delle bestemmie e dell’uso di un linguaggio poco consono, come anche il continuo uso del cellulare sul posto di lavoro fino al non completamento del lavoro richiesto nel tempo stabilito. Tutti comportamenti che, se reiterati e già sanzionati dal datore del lavoro, vengono ammessi come futili motivi per il licenziamento.
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