Con una recente sentenza la Corte di Cassazione ha stabilito che con errori in buona fede non si possono avere sanzioni, ma bisogna dimostrarlo.
In caso di errori effettuati in buona fede e comunque scusabili, i cittadini contribuenti non possono essere sanzionati. Lo ha riconfermato la Corte di Cassazione in una recentissima sentenza, la n. 12648/2024, con il quale rigettava il ricorso presentato dall’Agenzia delle Entrate.
La sentenza arriva a seguito di un lungo iter che ha visto coinvolti da una parte l’AdE appunto e dall’altra un contribuente siciliano, colpevole a detta dell’Agenzia di aver pagato in ritardo la terza rata del piano di rateizzazione accordato. Il pagamento effettuato in data 3 marzo 2014 doveva essere invece versato il giorni 28 febbraio 2014. Già in primo grado il contribuente -che ricorreva contro la cartella esattoriale presentata dall’Agenzia- aveva provato che l’errore era avvenuto in buona fede, in quanto il prospetto a lui consegnato presentava data differente.
Nella seconda fase, la Commissione tributaria regionale assolve completamente il contribuente in quanto il pagamento era comunque avvenuto prima dello scadere della rata successiva; il contribuente era in buona fede ed il suo errore era scusabile. L’Agenzia delle Entrate oppone ancora ricorso alla sentenza e si arriva così alla decisione della Suprema Corte.
A questo punto resta però da chiarire un aspetto importante che va a definire una nuova linea di azione: quando l’errore del contribuente può ritenersi scusabile?
Come già anticipato, la Corte di Cassazione ha confermato la sentenza del precedente grado, sottolineando come l’errore nel prospetto di rateizzazione sia stato determinante. E anzi, la Suprema Corte punta piuttosto il dito nei confronti dell’Agenzia delle Entrate incapace di giustificare le incongruenze dei piani di rateizzazione che hanno poi portato all’errore del contribuente.
Un errore da scusare, insomma, che in condizioni differenti non sarebbe avvenuto. Ma come si fa a definire un errore di questo tipo? La risposta è da ricercarsi nell’articolo 10 della statuto del contribuente che per prima cosa sottolinea come i rapporti tra contribuente e amministrazione finanziaria debbano basarsi sui principi di collaborazione e buona fede da ambo le parti.
Già da questo testo e partendo da questi principi fondanti si evince che non si possono sanzionare i contribuenti, né tanto meno chiedere interessi di mora, qualora l’errore del contribuente sia stato causato da dall’amministrazione finanziaria -come attenersi ad indicazioni successivamente modificate.
Allo stesso modo si definisce scusabile l’errore del contribuente nel momento in cui il suo comportamento sia stato causato da azioni conseguenti a ritardi, omissioni o errori degli uffici fiscali, come avviene nel caso del contribuente siciliano.
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