ADI, il calcolo del valore della scala di equivalenza. Cosa serve per determinare questo parametro fondamentale per la prestazione.
L’Assegno di inclusione (ADI) è una prestazione destinata a nuclei familiari in particolari condizioni di disagio economico e sociale. Destinatarie le famiglie con almeno un componete che sia minore, disabile, anziano con 60 o più anni, soggetto in condizioni di svantaggio sociale e seguito dai servizi assistenziali pubblici. Inoltre sono necessari particolari requisiti anagrafici, reddituali e patrimoniali.
Queste caratteristiche sono valorizzate mediante l’ISEE familiare, in corso di validità, che per consentire l’accesso alla prestazione non deve superare i 9.360 euro. Da ricordare poi il reddito familiare che non può andare oltre i 6mila euro annui. L’importo dell’ADI è pari all‘integrazione del reddito familiare fino alla soglia dei 6mila euro, moltiplicati per il valore della scala di equivalenza corrispondente.
Dunque nel calcolo dell’ADI assume molto valore la cosiddetta scala di equivalenza. Questa non va confusa con quella ISEE (più generosa e meno stringente). Il parametro adottato risulta anche più severo di quello del Reddito di Cittadinanza nella maggioranza voci che lo compongono. La scala di equivalenza definisce le caratteristiche anagrafiche della famiglia, secondo i criteri indicati dalla normativa in vigore per l’ADI.
Per prima cosa viene assegnato un valore 1 al componente maggiorenne della famiglia che presenta la domanda. A questo valore se ne aggiungono altri con questi criteri. Più 0,50 per ogni componente con disabilità o non autosufficiente; più 0,40 per ciascun altro componente con almeno 60 anni di età; più 0,40 per un componente con carichi di cura (che cioè si prende cura di un disabile convivente o del figlio con meno di tre anni).
Altri valori sono: più 0,30 per ogni altro componente adulto in condizioni di difficoltà psicologiche, fisiche, sociali inserito in programmi di assistenza pubblica; più 0,15 per ciascun figlio minorenne fino al secondo; più 0,10 per ogni figlio minorenne oltre il secondo. Non sono considerati nel conteggio della scala di equivalenza tutti i componenti che risiedono in strutture pubbliche a carico dello Stato e tutti i componenti nei periodi di interruzione della residenza in Italia.
Il massimo complessivo della scala di equivalenza è di 2,2 che è elevato a 2,3 in presenza di disabile grave o non autosufficiente. Facciamo un esempio di calcolo della scala di equivalenza: famiglia composta da padre, madre, figlio di due anni e anziano con più di 60 anni. Il valore si determina così: padre che presenta la richiesta 1; madre che assiste il bambino sotto i tre anni 0,40; figlio minorenne 0,15; anziano con più 60 anni 0,40. La somma dei valori è 1,95.
Questo numero va moltiplicato per l’integrazione del reddito familiare alla soglia dei 6mila euro. Se la famiglia descritta in precedenza ha un reddito di 4mila euro l’anno, l’integrazione è di 2mila euro annui. Questi vanno moltiplicati per 1,95, dunque 2.000 per 1,95 che fa 3.900 euro all’anno, diviso 12 dà 325 euro al mese di ADI.
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