ADI, il dettaglio dei “soggetti in condizioni di svantaggio”. Quali sono le indicazioni della normativa in vigore.
L’Assegno di inclusione (ADI) è in pieno regime da qualche mese e rappresenta, seppur parzialmente, la misura alternativa all’abrogato Reddito di cittadinanza. Ne fruiscono le famiglie con requisiti simili, ma non identici, alla prestazione di cui ha preso il posto. Quindi nuclei familiari con ISEE non superiore ai 9.360 euro e reddito annuale non oltre i 6mila euro.
Oltre a questi requisiti di ordine economico, ve ne sono altre di natura anagrafica e sociale che riguardano la composizione della famiglia. Nel dettaglio per ricevere il beneficio occorre che almeno uno dei componenti del nucleo familiare sia minore di 18 anni, sia disabile in condizioni gravi, abbia un età pari o superiore a 60 anni. Infine sia una persona in condizioni di vulnerabilità psicologica e sociale assistita dai servizi sociali pubblici.
Come visto, tra gli altri requisiti per l’accesso alla prestazione, uno dei membri della famiglia può rientrare nei piani di assistenza sociali dei servizi pubblici per le sue condizioni di svantaggio. I soggetti che fanno parte di questa categoria sono diversi e sono definiti dalla normativa in vigore.
Sono inclusi i malati mentali in cura nei servizi sociali e sanitari pubblici (compresi gli ex degenti di ospedali psichiatrici). Ci sono poi soggetti seguiti dai servizi sanitari e sociali pubblici. Cioè persone con disabilità sensoriale, fisica e psichica compresa tra il 46 e il 66 per cento secondo la legge 69/1999. Ma già in inseriti in percorsi di assistenza o con necessità di cure.
Seguono i soggetti con dipendenze patologiche, inclusa quella da gioco e da alcol, con comportamenti di abuso patologico di sostanze, presi in cura dai servizi pubblici sanitari e sociali. Soggetti in condizioni di svantaggio sono poi quelli vittime di tratta, in carico ai servizi sociali. Anche le persone vittime di violenza di genere, con sentenza dell’Autorità giudiziaria, inserite in centri antiviolenza o in case rifugio, sono considerati soggetti in condizioni di svantaggio.
Altra categoria sono gli ex detenuti durante il primo anno successivo al termine della detenzione e persone ammesse alla misura alternativa alla prigione, purché definite svantaggiate. Ci sono i soggetti con particolari fragilità sociali inserite in strutture di accoglienza o in piani di intervento di emergenza abitativa. Anche i senza fissa dimora, iscritti nel registro nazionale dei senza fissa dimora e in condizioni di povertà sono considerati in condizioni di svantaggio.
Anche coloro che sono iscritti nell’anagrafe dei residenti nei comuni, in condizione di povertà estrema e senza dimora, in carico dei servizi sociali e del Terzo settore sono valutati in condizioni di svantaggio. Infine i maggiorenni tra i 18 e i 21 anni che vivono fuori dalla famiglia per provvedimenti del Tribunale, collocati in comunità o in affido. Purché destinatari di interventi di prevenzione della povertà e dell’esclusione sociale.
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