Economia

AdE richiede i debiti del defunto, ma se ho rinunciato all’eredità posso non pagare?

Una volta attuata la rinuncia all’eredità, l’Agenzia delle Entrate può comunque obbligarmi a pagare i debiti? Ecco cosa dice la legge a riguardo.

Chi paga i debiti del defunto in caso di rinuncia all’eredità (CodiciAteco.it)

Il tema dei debiti legati all’eredità di un defunto è uno degli argomenti più scottanti per quanto riguarda la successione. Più volte abbiamo trattato il tema in queste pagine e più volte ci siamo soffermati sul fatto che una volta nominati eredi si diventa, come dire, titolari di diritti ma anche di doveri; per cui, si ha sì certo diritto ad ottenere i beni lasciati in eredità ma, una volta accettati questi diritti, di conseguenza si è poi obbligati a pagare anche gli eventuali debiti lasciati dal de cuius.

Abbiamo anche più volte spiegato che esiste un modo per evitare di accollarsi i debiti del defunto, soprattutto se questi sono ingenti e il cui valore supera i beni ereditati; stiamo parlando della rinuncia all’eredità. Si tratta di una manifestazione di volontà esplicita, che va ufficializzata attraverso atto notarile, attraverso il quale l’erede rinuncia a diritti e doveri. Tuttavia la responsabilità degli eredi per quanto riguarda i debiti lasciati dal defunto è disciplinata tanto dal diritto civile che da quello fiscale, e questi due presentano alcune incoerenze tra di loro.

La domanda da porsi, a questo punto, è: una volta attuata la rinuncia il Fisco può in qualche modo comunque obbligarmi a pagare i debiti lasciati dal defunto?

Debiti ed eredità, le incongruenze della legge e le azioni possibili

Le incongruenze della legge in merito ai debiti legati ad un’eredità (CodiciAteco.it)

Le norme del diritto civile, riconoscono solo nell’erede che ha accettato l’eredità l’unico responsabile dei debiti del defunto. La legge finanziaria, invece, in alcuni casi permette di prevalersi anche nei confronti dei semplici soggetti chiamati all’eredità -si tratta quindi di persone nominate in testamento o sono eredi legittimi ma non hanno accettato la successione-.

Già da questo si può evincere come ci sia una forte discrepanza tra le due normative a cui si aggiungono poi i lunghi periodi previsti dal diritto civile -gli ormai famosi 10 anni per la rinuncia- e quelli molto più brevi imposti dal fisco. La possibilità di prevalersi su un soggetto chiamato all’eredità si pone quando questi rinuncia all’eredità ma non protocolla l’atto, cioè non lo rende ufficiale, inserendolo nel registro delle rinunce. Da questo punto di vista la sua posizione, per il Fisco, è totalmente paragonabile a quella degli eredi che invece hanno accettato.

Altra fattispecie che permette all’Amministrazione fiscale di intervenire con la pretesa della restituzione del debito si presenta quando un soggetto ha prima accettato, anche se tacitamente, l’eredità salvo poi avviarsi alla rinuncia.

Notifica atto impositivo ai chiamati all’eredità

Tutte queste incongruenze hanno dato nel tempo il via libera all’Amministrazione finanziaria di attivarsi in vario modo, avviando dei contenziosi non di poco conto. In particolare, nel momento in cui il de cuius deceduto lascia debiti il Fisco invia notifiche e atti fiscali anche ai soggetti chiamati all’eredità, in maniera generale, anche se questi non hanno accettato l’eredità.

Si tratta di una possibilità espressamente prevista dall’art. 65 del D.P.R. n. 600/1973. In casi del genere, ai chiamati all’eredità che hanno rinunciato ai propri diritti o che non hanno ancora accettato l’eredità, non resta che contestare la cartella di pagamento successiva all’avviso di accertamento correttamente notificato e divenuto definitivo.

Anna Peluso

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