Nonostante l’Italia possa vantare una ricca storia e cultura, l’abbandono scolastico è ancora un problema.
Le disuguaglianze di benessere tra le diverse fasce della popolazione rimangono punti di forte discussione. Dal 2010, l’Istat ha intrapreso un’importante iniziativa per misurare il benessere attraverso il progetto Bes, acronimo di Benessere Equo e Sostenibile. Grazie a questa serie di rapporti annuali, gli italiani possono avere una visione più chiara delle sfide e delle opportunità del Paese. In questo articolo, esploreremo alcuni dei risultati più significativi e sorprendenti emersi dagli ultimi rapporti.
Il tema delle disuguaglianze di genere è molto rilevante nel contesto del benessere, e il Rapporto Bes fa luce su diverse dinamiche. Partiamo dall’istruzione: le statistiche rivelano che le ragazze tendono a lasciare gli studi meno frequentemente dei maschi, con un abbandono scolastico del 7,6% contro il 13,1%. Questo dato suggerisce una maggiore resilienza e impegno da parte femminile. Ma attenzione, non è solo questo. Le studentesse presentano anche un tasso inferiore di competenze al di sotto della soglia minima: il 33,9% rispetto al 42,9% degli uomini. Inoltre, più donne si iscrivono all’università, con un tasso del 58,2% rispetto al 45,2% degli uomini, e completano i percorsi di istruzione superiore con una frequenza maggiore.
Però, la situazione lavorativa è ben diversa. Infatti, nonostante le donne siano più istruite, il loro tasso di occupazione è significativamente inferiore a quello degli uomini: 56,5% rispetto a ben 76% per gli uomini. E l’occupazione non è l’unico campanello d’allarme. Le donne affrontano anche tassi più elevati di lavoro part-time involontario e una maggiore insicurezza lavorativa. Questo scenario mette in evidenza un paradosso: le donne, che offrono prestazioni migliori nel campo della formazione, si trovano di fronte a sfide ardue nel mercato del lavoro.
Le statistiche parlano chiaro: il rischio di povertà è più alto per le donne, un fenomeno che si traduce in una percentuale del 20%, mentre quella degli uomini è del 17,8%. Il divario non riguarda solo la sfera lavorativa, ma si estende anche a contesti economici e sociali. In breve, sebbene le donne sembrino primeggiare nel settore educativo, il loro tasso di occupazione non riesce a far decollare il loro benessere complessivo.
L’istruzione è una bussola fondamentale per comprendere il benessere di un individuo. Può influenzare vari aspetti economici, sociali, culturali e sanitari della vita quotidiana. Tuttavia, nonostante l’ottimismo degli anni passati, l’Italia continua a soffrire un ritardo nell’istruzione terziaria rispetto alla media europea. Nel 2023, solo il 21,6% degli individui tra i 25 e i 64 anni vanta un titolo universitario, una percentuale decisamente inferiore al 35,1% degli altri stati membri dell’Unione Europea.
Le nuove generazioni, pur mostrando un certo miglioramento, non riescono a colmare questo divario. Tra i 25-34enni, solamente il 30,6% possiede una laurea, e anche in questo caso si rilevano notevoli differenze di genere. La situazione, ovviamente, non si ferma qui: chi ha un livello di istruzione più elevato tende a manifestare una crescente insoddisfazione riguardo ai servizi pubblici e alla qualità della vita in generale, il che può risultare piuttosto sorprendente per alcuni.
Un aspetto cruciale è che livelli superiori di istruzione diminuiscono le difficoltà e le disparità. Per esempio, chi possiede una laurea ha una probabilità significativamente maggiore di trovare lavoro, soprattutto in contesti difficili come il Mezzogiorno. Qui, i laureati femminili hanno un tasso di occupazione pari al 71,8%, che batte quello degli uomini meno istruiti. Tuttavia, le barriere all’ingresso nel mercato del lavoro rimangono consistenti, e la lacuna tra i diversi livelli di istruzione continua ad allargarsi.
L’intersezione di fattori come istruzione, territorio e genere crea un quadro di disuguaglianze davvero complesso, a tal punto che i dati del Rapporto Bes forniscono informazioni scioccanti. In molte aree del Mezzogiorno, le persone con una bassa formazione scolastica vivono in una condizione di svantaggio palese, specialmente tra i giovani e le donne. Infatti, il 56,7% dei giovani con un basso livello di educazione si trova a rischio di povertà. Questa cifra offre uno spaccato di una realtà drammatica che non può essere ignorata.
A complicare ulteriormente le cose c’è anche il divario digitale. Le difficoltà di accesso a internet e ad altre tecnologie sono amplificate tra le persone meno istruite, mostrando un ulteriore svantaggio per categorie come gli anziani e i residenti nel Sud Italia. Così, la questione dell’istruzione non è solo una questione accademica, ma ha implicazioni sociali di ampia portata.
Nel mercato del lavoro, la formazione elevata sembra funzionare come un salvavita: consente alle donne di migliorare le loro opportunità professionali anche in contesti non favorevoli. Ad esempio, il tasso di occupazione per le laureate nel Sud è nettamente superiore rispetto agli uomini con un livello di istruzione più basso, a dimostrazione del potere che l’educazione può avere nel ridurre le disuguaglianze.
Per quanto sorprendente possa sembrare, la salute è fortemente influenzata dal livello di istruzione. Gli indicatori suggeriscono che il tasso di mortalità evitabile diminuisce drasticamente con il salire del titolo di studio. Ad esempio, per coloro che hanno una bassa istruzione, si registrano 39,6 decessi su 10.000, contro una cifra quasi dimezzata per i laureati, che arriva a 20,3.
Inoltre, questioni legate allo stile di vita emergono con chiarezza: la sedentarietà è significativamente più diffusa tra coloro con meno istruzione, colpendo circa il 55,6% di queste persone, mentre soltanto il 17,9% dei laureati si trova nella stessa situazione. Questo mette in evidenza come l’educazione e le buone pratiche di vita siano da considerare non solo separatamente, ma anche come parte di un ecosistema complesso di benessere.
Le interrelazioni tra benessere e istruzione sembrano, quindi, rappresentare un’opportunità fondamentale per migliorare la qualità di vita delle comunità più svantaggiate. L’investimento nell’istruzione appare come un passo essenziale per affrontare le disuguaglianze, migliorare il benessere generale e favorire una società più inclusiva.
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