28 anni di contributi, quanto si percepisce di pensione: facciamo i calcoli

Pensione dopo 28 anni di contributi, quali sono le possibilità esistenti con l’attuale sistema. I numeri dell’importo.

anziano conta denaro
Pensione, le stime con 28 anni di contributi (codiciateco.it)

Il sistema pensionistico attuale è basato sul calcolo contributivo che prende in considerazione le somme accantonate durante la carriera lavorativa per la definizione della prestazione previdenziale. Questo sistema è valido a partire dal 1° gennaio 1996 e chi ha versato contributi solo a partire da quella data rientra nel contributivo puro.

Invece chi ha maturato l’anzianità contributiva già prima del 1° gennaio 1996, rientra nel sistema misto che valuta una parte di versamenti con il  calcolo retributivo, molto più vantaggioso per i lavoratori. Questo discorso serve a dare una prima idea dell’attuale complessa situazione del sistema previdenziale che prevede diverse modalità per accedere alla pensione. Con 28 anni di contributi le possibilità di pensione sono diverse e con importi finali differenti.

Pensione con 28 anni di contributi, quanto di prende

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Pensione con 28 anni di contributi, possibili cifre basse (codiciateco.it)

Per sapere quanto si prende di pensione dopo 28 anni di contributi occorre fare una premessa importante. Chi ha maturato anzianità contributiva solo a partire dal 1° gennaio 1996 e quindi fa parte del sistema di calcolo contributivo puro non ha diritto alla cosiddetta pensione minima. In altre parole non ha diritto all’integrazione al minimo prevista per i trattamenti al di sotto della soglia minima indicata dalla legge.

Per il contributivo puro l’integrazione al minimo non spetta. Nemmeno se l’assegno è inferiore a 598,61 euro al mese, soglia prevista attualmente dalla norma per il 2024. Il reddito oltre il quale non si ha diritto al trattamento minimo completo è di 7.781,93 euro (sempre per chi non è contributivo puro). Fino a 15.563,86 euro l’integrazione al minimo spetta in misura ridotta. Oltre questa soglia non se ne ha diritto.

Questa precisazione serve perché chi ha contributi per 28 annualità nel contributivo pieno (cioè proprio a partire dal 1996) non ha la possibilità di accedere al minimo, come detto, anche in caso di trattamenti esegui. Possibilità da non escludere, considerando carriere lavorative precarie o discontinue. Oggi con 28 anni di contributi le possibilità di uscire dal lavoro si limitano a tre.

Per prima la pensione di vecchiaia (con almeno 20 anni di contributi e 67 anni di età anagrafica). Abbiamo poi la pensione anticipata per contributivi puri (64 anni di età e almeno 20 anni di contributi versati, con assegno maturato pari a tre volte l’importo dell’assegno sociale). Infine la cosiddetta Ape sociale (non una vera e propria pensione, ma uno scivolo pensionistico per care-giver, invalidi al 74 per cento, disoccupati a 63 anni e 5 mesi di età).

Con 28 anni di contributi e al raggiungimento di 67 anni di età, si può andare in pensione di vecchiaia. Considerando uno stipendio di 1.500 euro lordi l’anno per 13 mensilità e 28 anni di contributi, l’assegno mensile può essere stimato in circa 770 euro al mese lordi, per un reddito annuo di poco più di 10mila euro lordi annui.

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