La pensione di reversibilità è mirata soprattutto ai figli affinché, dopo la perdita, possano continuare ad avere una vita degna e soprattutto a studiare. Ma quando termina di preciso il beneficio?
La pensione di reversibilità, in Italia, si presenta come un importante sostegno per le famiglie che devono affrontare il difficile periodo successivo alla perdita di un coniuge, il quale era portatore dell’unico reddito familiare o comunque nettamente il più grande. Tale beneficio previdenziale, infatti, si caratterizza per la sua funzione di garantire un reddito continuativo al coniuge superstite o agli eredi, contribuendo così a preservare la stabilità economica e sociale della famiglia.
La pensione di reversibilità opera pertanto come una sorta di rete di sicurezza finanziaria, offrendo una tutela assoluta per gli eredi. Per una moglie rimasta sola per esempio, la quale, altrimenti, finirebbe in una grave condizione di povertà, o per i figli minorenni e non solo che – senza più una certa presenza e sicurezza economica – metterebbero a rischio non solo il loro futuro in senso assoluto ma anche la possibilità per esempio di potersi mantenere agli studi.
Pensioni di reversibilità, quando si perde il diritto
E’ così, quindi, che nasce questa misura sacrosanta. La quota, in senso strettamente economico, può variare in base a diversi fattori, tra cui l’anzianità di matrimonio, la presenza di figli a carico e altre circostanze specifiche. Il diritto alla pensione di reversibilità però è soggetto a diverse condizioni e limitazioni che ne regolamentano l’erogazione. Ad esempio, nel caso del coniuge superstite, qualora si risposi, perde il diritto alla pensione. Questo provvedimento, sebbene possa sembrare restrittivo, è finalizzato a garantire che il beneficio venga assegnato prioritariamente a coloro che ne hanno maggiore bisogno e senza poi approfittarne.
Ma come funziona invece per i figli? Sono tre le date da cerchiare in rosso in tal caso, ovvero 18, 21 e 26 anni. La prima è la principale scadenza per la pensione di reversibilità: una volta maggiorenne, un erede è in condizioni di potersi teoricamente auto-sostenersi e diventa un incentivo affinché il diretto interessato non faccia leva su questo aiuto dall’INPS a oltranza anche negli anni successivi.
Quando i figli posso averla oltre i 18 anni
Ma la scadenza in effetti cambia e va oltre se un figlio sia ancora studente o frequenti un corso universitario. In queste circostanze, in base alle singole situazioni, il beneficio può essere esteso fino all’età di 21 anni per gli studenti e fino a 26 anni nel caso di studenti universitari. Questa disposizione mira a sostenere e garantire, come dicevamo in apertura, l’istruzione dei giovani, riconoscendo l’importanza di garantire loro un percorso formativo adeguato al netto della perdita prematura vissuta.
Nel caso però in cui un figlio non abbia proseguito gli studi dopo la maggiore età, il beneficio cade con effetto immediato. Resta perpetuo, a certe condizioni, solo per il coniuge superstite sempre che non si risposi o trovi una nuova condizione economica che permette di non dover far più leva sulla previdenza in essere.